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Piccola Posta

Addio a Germano Nicolini, il partigiano "Diavolo"

Adriano Sofri

È morto a cent’anni l’ex sindaco di Correggio che venne accusato ingiustamente di un aver ucciso un prete, don Umberto Pessina, nonostante le confessioni dei colpevoli

Fra le mascalzonate di cui feci esperienza nei miei processi, spiccò l’invenzione di un “industriale di Reggio Emilia” che sarebbe stato coinvolto nell’orditura dell’uccisione di Calabresi. Non avevo mai conosciuto alcun industriale di Reggio Emilia. Ma l’impudenza degli accusatori e dei loro tifosi si spinse a fare un nome, quello di Pietro Gibertoni, già giovane partigiano, poi militante comunista, imprenditore di rango e dedito alla beneficenza: il suo prestigio cittadino era alto, ed era morto un paio di anni prima delle insinuazioni che lo accostarono a me e ai miei crimini. E furono accolte con sdegno e derisione. Non ripercorro la grottesca pratica infame, che tuttavia mi permise di incontrare il leggendario Germano Nicolini, il comandante partigiano “Diavolo”.

 

Nel 1947, quando era sindaco di Correggio, Nicolini, con due suoi compagni, era stato accusato dell’omicidio di un prete, don Umberto Pessina, processato e condannato a 22 anni. Si dichiarò sempre innocente e rifiutò qualunque via di fuga. Ne trascorse dieci in carcere, prima di essere liberato grazie a un indulto.

 

 

Dei veri autori dell’omicidio, due se ne erano accusati quando ancora Nicolini era processato, e vennero condannati per essersi calunniati! Il terzo e principale confessò nel 1990. Solo nel 1994 Nicolini ottenne l’assoluzione piena con una sentenza che denunciava le manomissioni, gli errori e la malafede della sua condanna.

 

Dopo di allora, i riconoscimenti formali si seguirono: le scuse del presidente Cossiga, la medaglia d’argento al valor militare, la restituzione del grado di capitano. Nel 1993 Nicolini pubblicò, con la prefazione di Gian Domenico Pisapia, la storia del processo Pessina, “Nessuno vuole la verità”. Il libro parlava a lungo di Gibertoni, e ricordava in particolare l’impegno da lui profuso per far emergere la verità sull’innocenza di Nicolini. In quell’anno, il giorno di una sentenza d’appello che mandò assolti me e i miei coimputati, e il giorno prima di partire per la Bosnia, andai a Reggio Emilia per un incontro pubblico con Germano Nicolini. Che è morto, sabato, a cent’anni compiuti e mirabilmente vissuti.

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