Marta Cartabia, 57 anni, è stata la prima donna ad occupare il ruolo di presidente della Corte costituzionale (Ansa)

Piccola Posta

Marta Cartabia e il Travaglio degli sfrattati di via Arenula

Adriano Sofri

Non bastasse un curriculum formidabile, gli insulti preventivi e frustrati dei nostalgici di Bonafede al nuovo ministro della Giustizia, sono la garanzia migliore per chi diffida dai processi vendicativi, per cattiveria o distrazione

 

Più che il curriculum formidabile che pesa addosso a Marta Cartabia, spinge a un allegro ottimismo il livore stridulo che le riservano gli sfrattati di via Arenula, guidati dal Travaglio, dibattista minore. Le tre o quattro cose che ho saputo di lei da quando sollevò la mia attenzione – dapprincipio solo per una curiosità superficialmente estetica, l’eleganza con la quale guidava Floris e il suo pubblico televisivo attraverso la casa chiusa, fino ad allora, della Consulta, il collo che la fa somigliare a un uccello d’acqua – la raccomandano a chi diffidi della giustizia vendicativa, per cattiveria o per distrazione. Cartabia sembra aver fatto tesoro della visita alla galera, sulla scia del cardinale Martini. Suoi pensieri, affiancati a quelli del maggior protagonista dell’impegno per la giustizia riparativa, in Italia e fuori, Adolfo Ceretti, sono raccolti nel volume Bompiani dell’autunno scorso, “Un’altra storia inizia qui. La giustizia come ricomposizione”. (Di Ceretti ora si legga Il diavolo mi accarezza i capelli. Memorie di un criminologo, con Niccolò Nisivoccia, il Saggiatore).

 

Messi da parte gli insulti preventivi e frustrati, mi pare che si addebitino a Cartabia due supposte colpe, o due preoccupazioni. La prima, di essere “legata a Comunione e liberazione”. Persone e associazioni impegnate per i diritti civili temono per le libertà delle minoranze. Ma la frequentazione delle esperienze di Cl quanto alla giustizia è una buona referenza, salvo che le convinzioni e le opinioni, in particolare sulla sessualità, non si lascino tentare a invadere la libertà altrui di disporre del proprio corpo: mi aspetto che non sia il caso. La seconda ragione di diffidenza sta nel descrivere Cartabia come “predestinata” a ogni più alta carriera, come se questa candidatura a tutto le venisse da una fortuna di nascita, e non dal curriculum di cui sopra. Per restare ai giorni appena trascorsi, Cartabia era candidata a guidare il governo e restava candidata alla prossima presidenza della Repubblica pressoché alla pari di Mario Draghi.

 

Nei confronti del quale ha qualche svantaggio immediato – lui è uomo, la Banca centrale europea è più influente della Corte costituzionale italiana – e qualche vantaggio a più lungo termine – lei è donna ed è parecchio più giovane. Andare al governo ora non è esattamente un passo sicuro nella carriera. Non lo è nemmeno per Draghi, che avrà i famosi 209 miliardi da smaltire ma ha anche, oltre al guazzabuglio partitico e antropologico che si sa, l’incognita di una pandemia molto riottosa. Meno ancora lo è per chi vada ad abitare al ministero della Giustizia, luogo che somiglia a un letto di altrettanti Procuste quanti sono i partiti e i loro mosconi cocchieri, e che deve far tremare chi senta lo sguardo di Dio. Non si esce facilmente con un guadagno di popolarità da Via Arenula. E però guai a starci con l’anima tiepida, contando di uscirne con l’impopolarità minore. Auguri.

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