Piccola Posta
L'Iraq tra razzi e pandemia, mentre si avvicina il viaggio del Papa
Mancano solo 9 giorni alla visita di Francesco nei territori iracheni, dove in una settimana sono stati registrati tre attacchi. Tutte le autorità, compreso il Vaticano, confermano la visita, ma gli effetti del covid si fanno sempre più gravi
Lunedì dal sobborgo di al Salam a Baghdad sono stati lanciati tre razzi, due sono finiti sulla Zona Verde, e “almeno uno ha colpito il Servizio di sicurezza nazionale iracheno, vicino all’ambasciata americana”. In una settimana, gli attacchi di razzi sono stati tre. Quello di Erbil, il capoluogo curdo, che ha colpito lunedì 15 la base internazionale e gli edifici civili attorno all’aeroporto e ha ucciso due persone – la seconda, un trentenne originario della provincia di Salahaddin, è morto dopo una settimana per le ferite. Il primo, un cittadino curdo-americano, era morto sul colpo. Sabato notte era stata la volta della grande base aerea di Balad, nel triangolo sunnita, un’ottantina di chilometri a nord della capitale, raggiunta da almeno quattro razzi. La base è stata ufficialmente restituita all’aeronautica militare irachena, ma ospita una compagnia militare americana a sostegno dell’impiego degli F16 in dotazione dell’Iraq. Qui c’è stato un solo ferito, un “contractor” addetto al campo.
Simili attacchi possono considerarsi di routine o no: gli americani osservano, ribadiscono di considerare l’Iran responsabile dell’operato delle milizie, fanno intendere di fissare all’eventuale uccisione di un loro cittadino la propria linea rossa. A un attacco alla base di Baghdad nel gennaio dell’anno scorso risposero assassinando da un drone il sanguinario uomo forte iraniano Suleimani e i suoi accompagnatori iracheni, compreso al Muhandis, capo delle Forze di mobilitazione popolare, Ashd al Shaabi.
Gruppi legati alle stesse forze, peraltro feudalmente rivali fra loro, stanno dietro gli attacchi, in cui si gioca una doppia partita. Una maggiore riguarda i rapporti fra l’Iran e gli Stati Uniti di Biden. Una minore e più contingente coinvolge la visita del Papa a Baghdad, Ur, Najaf, Erbil, Mosul e Ninive, cui mancano solo nove giorni. Tutte le autorità, quando non si limitano a tacere, la confermano, compreso il Vaticano. Ma la pandemia si aggrava: ieri Erbil ha adottato nuove restrizioni ai movimenti col resto dell’Iraq. La sicurezza pubblica è irrisoria. A Nasiriah la ribellione dei giovani contro la corruzione e i partiti non si è fermata dal 2019, nonostante molte centinaia di morti e quasi ventimila feriti. Lunedì i manifestanti hanno dato fuoco al palazzo del governatore e la polizia ha sparato uccidendone due, uno dei quali sedicenne.
Ieri, martedì, Qais al Khazali, capo di Asaib Ahl al Haq, – la principale forza delle milizie al Shaabi, affiliata all’iraniana Quds – “terrorista globale” per gli Usa, ha provato a dissociarsi dagli attacchi alla Green Zone, con l’argomento che danneggiano le proprietà dei residenti iracheni e non fanno vittime nell’ambasciata americana.