Piccola Posta
Letta che predica “straordinario entusiasmo” nel Pd? Respect!
La caduta del muro di Berlino come la fine della pandemia. E la serenità del nuovo segretario dem che evoca il superlativo del superlativo, una parola così impegnativa, dinanzi a un uditorio assediato da virus e sondaggi maligni
Mi riferisco al passaggio del discorso di Enrico Letta che ha al centro il Muro e l’entusiasmo. “La caduta della pandemia avrà la stessa forza energetica che ha avuto per quelli della mia generazione la caduta del Muro di Berlino. L’entusiasmo che nascerà è l’entusiasmo della vita che vince. La nostra canzone fu ‘Wind of changes’. Noi dobbiamo far sì che quello straordinario momento di entusiasmo si ripeta con la caduta della pandemia…”.
Cominciamo dal paragone, così esigente. Tuttavia non è così scontato. Letta è stato forse malizioso, più probabilmente solo sereno, ma il crollo del Muro di Berlino non sollevò e non solleva solo entusiasmo, anche nella sua generazione. Dunque c’era il rischio che il passaggio del suo discorso mettesse sale sulla differenza fra gli eredi della Dc e della Margherita e gli eredi del Pci e del Pds, nel cui mancato amalgama qualcuno vede ancora la causa dell’accanimento tra notabili e cordate del Pd, così generosamente nobilitandolo. In quella che era stata la sinistra di classe, il contrasto del sentimento provato alla caduta del Muro fu, e incredibilmente resta ancora, uno spartiacque decisivo.
C’era una sinistra, comunista e anche socialista, in tante delle innumerevoli varianti, che vedeva nell’Unione Sovietica e nello stalinismo il tradimento infame dei suoi ideali, e sentiva così schiacciante il dominio del Partito comunista sovietico sulla società da far ammirare gli episodi di dissenso personale e di ribellione collettiva come altrettante testimonianze meravigliose ma votate alla sconfitta. Per questa sinistra l’antiamericanismo non è stato la bussola, il contrassegna del “nemico principale”, e la democrazia formale, “borghese”, le ha offerto il campo entro cui lottare per un rovesciamento politico e sociale, sulla cui scia sarebbe venuta la liberazione dal dispotismo sovietico. Un’altra sinistra, maggioritaria ed egemone nel Pci, non ha mai smesso di considerare e additare l’Urss e il sistema dei partiti fratelli e dei regimi satelliti come la patria del socialismo realizzato, e le sue sconfessioni come altrettante deviazioni da correggere. È umanamente tragico ma storicamente grottesco che nel 1981 Enrico Berlinguer abbia certificato esaurita la spinta propulsiva della rivoluzione sovietica.
Questo sentimento, che era riuscito a sopravvivere a tutto, comprese le rivolte operaie e giovanili umiliate in tutti i paesi del centro e dell’est europeo, non si era ancora spento quando finalmente arrivò il crollo del Muro, e paradossalmente è riuscito a ravvivarsi dopo, in una stupefacente forma di nostalgia compiaciuta. Ancora, nello stesso mondo di persone che hanno condiviso tanto passato e spesso continuano a condividere relazioni e solidarietà nel presente, gli uni vedono nel crollo del Muro la liberazione più formidabile e grata e attesa della loro vita, e gli altri, all’opposto, vedono dilapidato, con l’acqua sporca degli “errori” (“la rivoluzione non è un pranzo di gala” eccetera) il bambino del nuovo mondo e dell’uomo nuovo. E non si tratta, a cose fatte ed esauste, di una mera differenza di stato d’animo. Quella origine continua a influire sull’interpretazione del mondo contemporaneo, dalla Serbia di Milosevic durante il genocidio bosniaco fino a certe comiche tenerezze per il nome del vaccino Sputnik. La divergenza si fa distrattamente sentire nel linguaggio comune, dove la rovina del Muro è stata per gli uni la fine di un incubo, e per gli altri ha trascinato con sé la fine di un sogno, “del” sogno (e sinonimi vari, la fine della storia, la fine della politica…). Così è, e questo non degrada la dignità e la magnanimità di tanta storia del Partito comunista e dei suoi militanti e della loro diaspora.
Torniamo allora a Letta e alla serenità con cui ha ricordato la felicità di una generazione per il crollo del Muro, e ha fatto ricorso a una parola impegnativa come entusiasmo, e addirittura “straordinario entusiasmo”, il superlativo di un superlativo, per così dire. La parola gli è abituale, mi pare. Mi aspetto che Letta non impieghi le parole a caso. Passava già per un primo della classe, ed è rientrato come uno che abbia fatto il suo Erasmus in Europa (tutt’e due le cose gli sono attribuite ironicamente, e mi pare che, specialmente la seconda e fresca, siano un gran riconoscimento: un anno in Erasmus, e figuriamoci sette, è quello che servirebbe alla povera classe dirigente). Entusiasmo è parola carica di destino, significava l’ispirazione o l’invasamento divino – Cassandra, “allor che il Nume in petto” – la passione e il furore romano, il picco troppo alto della depressione malinconica, l’eroico furore di Giordano Bruno e gli eroici furori di Vittorini, l’esaltazione giacobina alle grandi imprese e lo sconfinamento nel fanatismo, l’entusiasmo filosofico di Voltaire o l’eccitazione dei sensi di Rousseau (c’è, come sempre, anche una pertinente citazione di Winston Churchill: “Il successo è la capacità di passare da un fallimento all’altro senza perdere l’entusiasmo”).
Letta, la cui oratoria non va sopra le righe, anzi, ha avuto voglia di indicare un paesaggio di straordinario entusiasmo a un uditorio assediato da virus e sondaggi maligni. Ha tirato le somme del commiato di Zingaretti – mi vergogno di questo partito – promettendo di farlo nuovo. Ha l’Europa dalla sua, per una volta. Si può essere scettici, certo, chi non lo sarebbe? (Se ci sarà una prossima caduta di Enrico Letta – sarà solo la seconda, del resto – l’epitaffio politico sarà già pronto: “Poveretto! Era un entusiasta”). Si può anche essere, se non personalmente entusiasti – si è fatto tardi, per molti – simpatizzanti per l’entusiasmo d’altri. Ho controllato la citazione di Letta, gli Scorpions di “Wind of Changes”, su You Tube. Il primo commento diceva: “People still listening to Scorpions in 2021: RESPECT!”.