Piccola Posta
"Tre secondi" per lo Ius soli sono troppo poco
Letta, il Pd e le opposizioni. No, il riconoscimento della cittadinanza a bambini e ragazzi prima dei diciotto anni, che sono già a tutti gli effetti italiani, non può essere un inciso
Enrico Letta aveva ribadito la convinzione che i figli di stranieri nati in Italia (o arrivati in Italia bambini e inseriti nella scuola e nella vita civile come i loro coetanei) debbano essere riconosciuti come cittadini italiani. È una convinzione così ragionevole da rendere imbarazzante discuterla. Salvini ha proclamato le parole di Letta “una cavolata” e decretato che così si vuole far cadere il governo – il “suo” governo. Meloni si è mostrata scandalizzata perché, “con l’Italia in ginocchio”, “la priorità di Enrico Letta e del Pd è la cittadinanza automatica per gli immigrati” (sic!). Nessuno che avesse ascoltato le parole di Letta ne avrebbe ricavato che lo Ius soli, o la variante dello Ius culturae, fosse “la priorità”.
Dunque Letta ha fondatamente protestato che sul passaggio “di tre secondi” nel suo discorso si fossero strumentalmente concentrati gli attacchi della destra (Forza Italia compresa, peraltro). Era vero, ma c’era qualcosa di spiacevole in quell’impicciolimento, “tre secondi”: è verosimile che un obiettivo non rientri, dati gli equilibri e i rapporti di forza interni a una maggioranza di governo, fra le “priorità”, e infatti Letta si era limitato ad auspicare che, ragionevole com’è, potesse essere largamente condiviso. Ma il riconoscimento della cittadinanza italiana a bambine e bambini e ragazze e ragazzi prima dei diciotto anni, che sono già, nella vita quotidiana, a tutti gli effetti italiani, non è un inciso da tre secondi, che lo fa sembrare una citazione di maniera. E a giustificare la vergogna dell’opposizione devono essere gli altri, quelli contenti che le loro figlie e figli siano compagni di scuola di bambini senza cittadinanza. Poi, mi pare, Letta ha ribadito il favore allo Ius soli e l’ha rafforzato ricordando la stremata condizione demografica italiana. Giusto. Ma anche se l’Italia “di ceppo” avesse una smagliante prolificità, i bambini e i ragazzi arrivati da lontano che le sono nati o cresciuti dentro e ne parlano la lingua e ne cantano le canzoni e tifano per le sue squadre piene di campioni stranieri, meritano di essere nominati per quello che sono, italiani, e dunque europei. Con una lingua e dei racconti in più, se ne hanno voglia: sarà un vantaggio per tutti