Piccola Posta
Una canzone per Rita Bernardini. E per la sua ora d'aria
La musica di Brassens, l'esponente dei Radicali e le sue passeggiate sotto il ministero della Giustizia per denunciare le violazioni dei diritti dei detenuti. Tenace e senza speranza, come il passeggio dei carcerati
A noi due, Rita Bernardini. È tanto, non so, mesi, che batti il marciapiede di via Arenula, e non mi sono fatto vivo. È che non ne posso più di dire le stesse cose, parola mia. Allora ti dedico una canzone di Brassens, “La complainte des filles de joie”, che tu ascolterai su YouTube, magari anche cantata da Barbara, magari in italiano nella versione di Nanni Svampa, un altro dei nostri. Ti piacerà. Ti allego i primi versi, e poi la mia sbrigativa traduzione. È un sudato privilegio, paragonarsi a una puttana. Bisogna meritarsela, una politica da marciapiede, Marco e io ce la siamo variamente meritata. E tu. Il tuo viavai, la tua ora d’aria sottoministeriale è tenace e senza speranza come il passeggio dei prigionieri che contano i passi da un muro all’altro.
“Bien que ces vaches de bourgeois, bien que ces vaches de bourgeois / Les appellent des filles de joie, les appellent des filles de joie / C’est pas tous les jours qu’elles rigolent, parole, parole / C’est pas tous les jours qu’elles rigolent / Car même avec des pieds de grue, car même avec des pieds de grue / Faire les cent pas le long des rues, faire les cent pas le long des rues / C’est fatigant pour les guibolles, parole, parole / C’est fatigant pour les guibolles”.
“Benché queste troie di borghesi le chiamino ragazze di piacere, non è che se la spassino tutti i giorni, parola mia. Che anche avendo due zampe di airone, battere su e giù la strada è dura per i ginocchi, parola. Ai piedi hanno i calli e i duroni e, parola mia, è pazzesco il consumo che fanno delle scarpe. Certi clienti, zozzoni, non toccano mai l’acqua, parola mia, e tocca lisciarli e leccarli lo stesso. Tocca fargli da scaletta per farli volare al settimo cielo, e quei quattro soldi non pensate che li rubino, parola mia. La gente le disprezza, gli sbirri le malmenano e, parola, le minaccia lo scolo. Benché facciano l’amore tutta la vita e si sposino venti volte al giorno, il matrimonio non riempie mai la loro fiaschetta. Tu, bellimbusto da strapazzo, non ridere della Venere poveraccia, del povero vecchio tegame, parola mia. Manca poco, caro mio, che questa puttana non sia stata tua madre, questa puttana di cui ridacchi. Parola mia”.