Piccola posta
Autonomia timida
Prima del coronavirus Lombardia e Veneto invocavano "il secessionismo dei ricchi", ora Draghi ha la grande occasione di ristabilire il primato della sanità pubblica. E allora addio vanagloria dei governatori
L’Italia di prima aveva un micidiale carico pendente: la cosiddetta autonomia differenziata rivendicata dalle regioni secessioniste, Lombardia e Veneto (il “secessionismo dei ricchi”, Viesti) e dal masochismo concorrente dell’Emilia Romagna, con una coda di aspiranti minori. Una nuova reazione al Risorgimento italiano, senza neanche l’eroismo del brigantaggio.
Poi venne la pandemia. Ricordo ancora i primi giorni. La sicumera dei titolari leghisti, il disprezzo compiaciuto per il modo in cui il Mezzogiorno avrebbe fatto bancarotta, la foia della caccia all’untore cinese in Toscana (non si sarà mai abbastanza riconoscenti con la comunità cinese in Toscana e altrove). Di lì a poco la Lombardia sarebbe stata travolta dall’insipienza, ed è ancora là. Su quella scorta ci si poté chiedere, ci si deve ancora chiedere, che cosa sarebbe del sistema scolastico confiscato dalla regione autonomamente differenziale.
Il disastro grottesco di un governo europeo della pandemia sequestrato dalle smanie feudali delle Regioni ha avuto il tempo di consumarsi per intero, e la Costituzione e la sua Corte hanno avuto il tempo di ripronunciarsi sulla competenza statale nella difesa da una minaccia internazionale alla salute. Benché le baruffe chiozzotte non siano affatto finite, il vigente governo introvabile ha, oltre la necessità di far fronte alla pandemia e debellarla, l’opportunità di riformare la sanità pubblica alla stregua della lezione effettuale. Misura e impiego delle risorse, rianimazione della medicina generale legata al territorio e alla fiducia, ristabilimento del primato della sanità pubblica, sono la lezione dei fatti. Se il governo avesse il coraggio di tirarla – e se non lo facesse non potrebbe nemmeno illudersi di venire davvero a capo della pandemia – attuando quello che, Mes o no, è un punto essenziale della sua ragione d’esistenza, le vanagloriose e avide ambizioni di autonomie differenziate andrebbero a farsi benedire, e almeno per questo la pandemia avrebbe prodotto un beneficio laterale.
Se molti cosiddetti governatori di regione si rigonfiano come rane raganelle e rospi per sembrare più grossi e spaventosi, è solo grazie alla quantità di denaro che la gestione della sanità mette loro in mano (salvo tagliargliela a qualunque occorrenza). Il riordinamento della salute pubblica li riporterebbe alla dimensione reale e restituirebbe alla cura per la salute l’uguaglianza, la fiducia e l’efficacia di cui ha bisogno. E rimetterebbe al suo posto la vanità dell’autonomia differenziata, dopo che la tragedia dei fatti ha mostrato che strada imprevista abbia preso la differenza.