piccola posta
La Copa América ci ricorda che il mondo è diviso in tanti modi
Dittature e pandemia, depressione e speranze di rinascita. Il calcio è ancora una volta specchio dei problemi e delle possibilità del Sudamerica. Ma questo torneo fa una malinconica impressione di parente povero degli Europei
Sulla scia degli Europei, mi sono messo a guardare anche la Coppa Americana. Che fa una malinconica impressione di parente povera, di Terzo mondo all’antica. Rinviata di un anno come gli Europei, disdetta dai paesi designati a ospitarla, Argentina e Colombia, assediate dalla pandemia e dalla rivolta, è stata accolta in extremis dal Brasile, cioè da Bolsonaro, nel malumore di giocatori e popolo brasiliano, che l’ha chiamato “campionato della morte” e ha inalberato slogan inauditi: “Vaccini, non gol”. In Brasile è stato superato il mezzo milione di morti di Covid-19. Intanto anche la partecipazione di Australia e Qatar, vincitrici dei rispettivi tornei continentali, era stata annullata. Gli stadi sono quelli famosi, compreso il Maracanã di Rio (solo per la finale del 10 luglio, perché è malconcio). Ma sono vuoti, gli sponsor se ne sono andati, e sugli spogli cartelloni a bordo campo si legge il marchio: “Sinovac”.
Anche le squadre e il gioco hanno un’aria desolata e dimessa, quasi pasoliniana. Perfino l’audience televisiva è bassa. C’è Neymar e segna, appesantito com’è da accuse di molestie, c’è e segna Messi, che ha battuto ogni record di presenza nella sua nazionale e, a 34 anni, si prodiga come un esordiente. L’Argentina gioca in memoria di Maradona. Sono passati ai quarti il Perù di Lapadula e la Colombia di Ospina. E’ già fuori il Venezuela, falcidiato dal coronavirus, la squadra e il paese, dal quale sono emigrate in vent’anni 6 milioni di persone, un esodo secondo soltanto, dicono le Nazioni Unite, a quello siriano. A differenza che in Asia, dove si vanno consumando enormi delitti contro la libertà, l’America latina fa tuttavia sperare, in Cile, nel Perù del maestro Castillo, imprevedibile ma non pregiudicato (purché non se ne occupino i prevedibili militari), e specialmente nel Brasile del redivivo Lula. Intanto il calcio, di cui era stata maestra al mondo, è tornato a mostrare attraverso dittature e pandemia che il mondo è diviso in tanti mondi.