Draghi e Cartabia al carcere di S. M. Capua Vetere (foto Ansa) 

piccola posta

Le giuste parole di Cartabia da Santa Maria Capua Vetere

Adriano Sofri

Mario Draghi e Marta Cartabia a S. M. Capua Vetere hanno detto di aver visto, che è la condizione prima per capire, e di aver sperimentato che là dentro “si fa fatica perfino a respirare”. La loro è un'alleanza che forse potrà finalmente fare la differenza

Conservando una regolamentare distanza di sicurezza, penso che presidente del Consiglio e ministra della Giustizia, visitando insieme il carcere di Santa Maria Capua Vetere, abbiano fatto la cosa migliore che potessero fare. E tenendo i loro discorsi all’uscita abbiano detto le cose migliori che si potessero dire. Hanno detto di aver visto, che è la condizione prima per capire, e di aver sperimentato che là dentro “si fa fatica perfino a respirare”, che è due volte vero. Quando (sempre) buoni propositi sul carcere si sono squallidamente impantanati, come da ultimo con Andrea Orlando ministro e Glauco Giostra coordinatore dei cosiddetti Stati generali, è stato perché il governo e il suo capo preferivano lasciare solo il titolare della Giustizia. Ora ai buoni propositi di Cartabia si oppone una santa alleanza grottescamente eterogenea e filistea, camionisti cileni che mordono appena il freno perché far cadere il governo di questi tempi è una mossa disperata. Non so quanto coraggio e disinteresse abbia in serbo la ministra Cartabia, so che comunque non le basterebbero senza il consentimento e il sostegno del presidente Draghi. Le sono venuti nel Consiglio dei ministri sul progetto di riforma della giustizia e nella manifestazione pubblica di mercoledì. 

 

Dall’informazione che ha avuto il merito di rendere inesorabilmente visibile l’“orribile mattanza” c’era da aspettarsi la soddisfazione per aver provocato quell’iniziativa senza precedenti; e dopo l’attenzione agli effetti concreti che devono derivarne. Il sentimento contrario mi ha sorpreso. Oltretutto, ha mostrato di non avere alcun desiderio e alcuna capacità di immaginarsi nei panni dei detenuti di Santa Maria Capua Vetere e di tutte le altre galere italiane, reduci da un simile anno e mezzo. 

 

Ormai sulle prigioni, se non altro per la ripetizione, tutti dovrebbero aver orecchiato il ritornello dell’articolo 27, le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato… Va cantato insieme all’articolo 13: “E’ punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà”. L’Italia, la più tarda e vile nell’introdurre il reato di tortura nel proprio codice, aveva in Costituzione quella riga che lo anticipava. La si doveva in particolare a Palmiro Togliatti e ai relatori Giorgio La Pira e Lelio Basso, memore questi dell’insegnamento del detenuto Filippo Turati: “Noi crediamo di aver abolito la tortura, ma i nostri reclusori sono essi stessi un sistema di tortura; noi ci vantiamo di aver cancellato la pena di morte dal codice penale comune, ma la pena di morte che ammanniscono, goccia a goccia, le nostre galere è meno pietosa di quella che era data per mano del carnefice” (1904, alla Camera).

 

Nella discussione alla Costituente (1947), uno degli intervenuti disse: “Alcuni commissari hanno fatto un esperimento personale di violenze durante il fascismo, il che ha giustamente commosso l’onorevole La Pira. Questa commozione giustissima mi convince sempre più come sarebbe opportuno quel tal provvedimento proposto da un illustre giurista, che cioè si sottoponessero tutte le persone che aspirano a diventare magistrati o funzionari di pubblica sicurezza a un certo periodo di carcerazione perché costatino, loro che son destinati a mandare la gente in prigione, che cosa sia veramente la prigione, perché gli esperimenti personali insegnano più dei libri e delle lezioni e non si dimenticano più. Noi avvocati vi possiamo dire che questa famosa tortura, non la tortura dei tempi barbari, non la tortura del Santo Uffizio, ma un avanzo di quella tortura, una specie di ultimo rampollo di quell’aborrito sistema, si adoperava in parte anche prima del fascismo, la si è adoperata durante il periodo fascista, ma quel che conta è che si continua ad adoperare anche oggi che il fascismo dovrebbe essere finito”.