piccola posta
Le tre giovani della Normale hanno agitato le acque. Bene così
Con il loro linguaggio protocollare hanno scelto di punzecchiare l’eccellenza accademica calcandone il gergo. Un commiato da affiancare a quello di Simone Biles. E non si dimentichino precedenti illustri e solitari
L’iniziativa delle tre giovani donne normaliste mi ha fatto piacere. Hanno mosso le acque, le hanno agitate. Era la cosa da fare. Parlavano anche per altre e altri loro compagni di studio e di convivenza in Normale, della classe di lettere. Virginia Magnaghi, Valeria Spacciante e Virginia Grossi hanno impiegato, tutte e tre, un linguaggio piuttosto protocollare: immagino che fosse una scelta deliberata, quella di punzecchiare l’eccellenza accademica calcandone il gergo, e riservando un’affabilità femminista ad altre sedi. Quanto ai contenuti della loro obiezione, non so abbastanza. A un punto del loro discorso tripartito, mi sono detto che avrebbero concluso rivendicando la chiusura della Scuola. Non mi avrebbe fatto piacere, ma mi sarebbe sembrata adeguatamente scortese, e umanissima. Un po’ come il commiato di Simone Biles.
C’erano stati, ai miei tempi (lo so, non si dice “ai miei tempi”) dei precedenti solitari. Nei primi anni 60 fu Lea Melandri a decidere di abbandonare la Scuola e Pisa, dopo due anni. Sapete che cosa avrebbe fatto poi, e che cosa fa oggi. Pochi anni dopo un’altra normalista particolarmente brillante, Carla Melazzini, lasciò la Scuola perché non sopportava per sé il privilegio e la distanza dal mondo di fuori; avrebbe dedicato la vita a “insegnare al principe di Danimarca”, da maestra di strada (è morta nel 2009).