piccola posta
Basta guardare al caso Shalabayeva per capire quanto è cambiato il M5s
Nel 2013, in seguito all'espulsione dall'Italia di moglie e figlia del dissidente kazako Ablyazov, una delegazione guidata da Di Battista andò ad Astana a seguire il caso. Ora i 5 stelle difendono i dirigenti di polizia condannati per sequestro di persona
Il cosiddetto caso Shalabayeva vuole riservare un nuovo capitolo. Giovanni Bianconi sul Corriere e Giuliano Foschini e Romina Marceca su Repubblica riferiscono dell’iniziativa di Caterina Licatini e Francesco D’Uva, parlamentari 5 stelle, i quali auspicano la riforma della sentenza di primo grado del tribunale di Perugia che condannò l’anno scorso a 5 anni, per sequestro di persona, due alti dirigenti della polizia, Renato Cortese e Maurizio Improta, ora in attesa dell’appello. Con loro furono condannati la giudice di pace che nel maggio 2013 autorizzò l’espulsione di Alma Shalabayeva e della sua bambina, Alua, che aveva allora 6 anni, e gli agenti che presero parte all’irruzione notturna nella casa in cui abitava la donna. I parlamentari interroganti si appoggiano sull’informazione del sottosegretario leghista all’Interno, Nicola Molteni. Vi si dice che Alma Shalabayeva aveva un documento contraffatto della Repubblica Centrafricana, e che suo marito, Mukhtar Ablyazov, già pupillo del dittatore kazako e poi suo oppositore, era ricercato da Kazakistan, Ucraina e Russia, accusato di appropriazione indebita, riciclaggio e altri crimini finanziari. Ablyazov, cui a Londra era stato riconosciuto e poi revocato lo stato di rifugiato, riparò in Italia e da qui, in quel giorno del 2013, in Francia, dove dopo un procedimento di anni ne fu autorizzata l’estradizione in Russia (che lo avrebbe consegnato al Kazakistan), finché cinque anni fa il Consiglio di stato francese gli concesse l’asilo politico, e là vive braccato. Lo scorso dicembre un tribunale russo lo ha condannato a 15 anni in contumacia. In Kazakistan gli aderenti, veri o presunti, del suo movimento vengono metodicamente perseguitati e incarcerati.
È comprensibile il proposito di sottrarre gli uomini della polizia a un carcere per loro, come per tantissimi altri, del tutto superfluo. I loro meriti possono fare oggetto di misure politiche adeguate. Ma non c’è niente di nuovo nelle informazioni del Viminale. E non c’è niente, nel controverso operato di Ablyazov, che influisca sul rapimento di stato di una donna e di sua figlia, brutalmente attuato al servizio di un regime dispotico (e ricchissimo, certo) e della sua ambasciata, fino al noleggio di un aereo privato per la deportazione. Che durò mesi, prima che la mobilitazione internazionale le mettesse fine. Fu un episodio vergognoso, e il comportamento della polizia non si spiegherebbe senza un impulso superiore, che venisse o no dal suo ministro, Angelino Alfano, che era allora anche vicepresidente del Consiglio, e dichiarò di non averne saputo niente.
Ne riparlo solo per uno stupore: gli interroganti 5 stelle hanno concluso sostenendo che la sentenza contro gli “eccellenti servitori dello stato” è stata “ingiusta e grottesca”, e hanno precisato di parlare a nome dell’intero gruppo. Dunque: nel febbraio di quel 2013 gli esponenti del Movimento 5 stelle entrarono per la prima volta in Parlamento. Il 3 agosto, sulla spinta dell’emozione e dello sdegno per il sequestro e la deportazione di Alma Shalabayeva e della piccola Alua, una loro delegazione – Alessandro Di Battista, Emanuele Del Grosso, Manlio Di Stefano, Emanuele Scagliusi e Carlo Sibilia – partì alla volta del Kazakistan. Ero con Neige, la mia fotografa, ad Astana, la capitale – oggi Nur-Sultan, in omaggio al leader Nazarbaev – e incontrai quel singolare gruppo di giovani uomini in un paio di occasioni, compresa l’udienza di un processo a carico di un dissidente illustre del regime.
“Il Movimento 5 Stelle è in Kazakhstan con degli obiettivi precisi. Incontreremo Alma Shalabayeva… Inoltre avremo anche l’occasione di incontrare esponenti della società civile kazaka tramite Open Dialogue Foundation”. Incontrarono Shalabayeva. “Al di là di quello che ha fatto o non fatto il marito, Alma Shalabayeva è una donna espulsa ingiustamente da un paese dove il rispetto dei diritti dovrebbe contare di più degli interessi economici di qualche padrino politico o di azienda”. Di Battista concluse così: “Il governo può portare a casa la signora e la bambina. Oggi si può fare, anche grazie al lavoro che ha fatto il M5s, il solo gruppo parlamentare che si è recato in Kazakistan e che ha riacceso l’attenzione sul caso. A riveder le stelle!” (ancora nel 2015 Di Battista in un’interpellanza spiegava, alla luce dell’inchiesta, che Shalabayeva aveva chiesto più volte asilo politico e Alfano l’aveva ignorato, derideva i legami d’affari fra politici e manager pubblici italiani e il Kazakistan, e denunciava l’eventuale “catena di comando sopra il ministro che arrivava a ordinare il rapimento di una madre e di una bambina”).
Spaesati e benintenzionati com’erano, mi fecero simpatia. Da allora sono molto cambiati. Chissà come hanno fatto a cambiare fino a questo punto. Ho bensì trovato il video di un “Business Forum Italia-Kazakhstan”, di due mesi fa, in cui Manlio Di Stefano, sottosegretario agli Esteri, illustra l’importanza dei rapporti economici fra i due paesi, e ricorda il suo viaggio a Nur-Sultan del novembre 2019, con una delegazione di ben 200 imprese italiane. Non ricorda invece quel primo viaggio, che è impresso nella mia memoria – come si può dimenticare Almati, la favolosa Alma Ata del cinema russo e dell’esilio di Trotsky, la città delle mele e dei dissidenti coraggiosi?
Il compendio di Di Stefano dice: “Il Kazakhstan è un partner fondamentale per il nostro paese col quale abbiamo ottime relazioni commerciali. Nur-Sultan è tra le principali capitali dell’Asia centrale ed è strategica anche per il formato 5+1 che abbiamo inaugurato nel 2019. Per espandere ancora le relazioni economiche, oggi abbiamo svolto un importante e partecipato business forum aperto dal ministro Luigi Di Maio e chiuso da me”.