Il carcere di Sollicciano (LaPresse) 

piccola posta

Mani che prudono alla notizia dell'ultimo morto in carcere

Adriano Sofri

Mercoledì, ore 22, carcere-discarica di Sollicciano, Firenze. “Testa incastrata nello spioncino della cella: detenuto muore”. Come possa accadere, per incidente o per volontà, è difficile e terribile da immaginare

Fottuti bastardi, la conosco questa lingua straniera. Mercoledì, ore 22, carcere-discarica di Sollicciano, Firenze. “Testa incastrata nello spioncino della cella: detenuto muore”. Davvero? “Stando alle prime informazioni, il 43enne avrebbe infilato la testa tra una sbarra e l’altra dell’ingresso della sua cella, nello spioncino che serve al passaggio dei piatti per il pranzo e per la cena, uno spazio di circa una decina di centimetri” (così un giornale). “Nell’uomo normale di statura media, la testa rappresenta un ottavo dell’altezza totale. La sua lunghezza è di circa 20 cm, la larghezza di circa 18 cm e la circonferenza di 50-60 cm.” (Treccani, “Universo del corpo”).

“Il 43enne” è una persona, tunisina, ha un nome e un cognome, Nasser Yussef. Continua la cronaca – una (non) vale l’altra: “Un gesto abbastanza comune tra i detenuti del transito, viene spiegato, che si affacciano per guardare nel corridoio o per chiamare le guardie”. Non è un gesto comune, salvo che lo spioncino sia insolitamente largo: sono le mani ad aggrapparsi al suo bordo. Per chiamare le guardie non occorre affacciarsi, e per guardare nel corridoio si sporge fuori un braccio con la mano che tiene e orienta lo specchietto (mai di vetro, è vietato: di una stupida plastica argentata). Lo spioncino serve a un altro uso: poiché l’interruttore della luce sta sul muro fuori dalla cella, irraggiungibile dal braccio, il detenuto sporge fuori il braccio con la mano che impugna la ramazza e la muove a tentoni fino a spegnere o accendere la luce sull’interruttore che non vede: dopo qualche anno, ero diventato un maestro nell’esercizio.

Ancora: a meno che Yussef fosse stato buttato, con la dizione solenne di “transito”, in uno degli sgabuzzini nudi e senza finestre in cui si parcheggiano a vista provvisoriamente (salvo dimenticarli lì) i detenuti di passaggio, la cella ha due cancelli, uno di sbarre d’acciaio, più zoologico, diciamo, con uno spazio appena maggiore all’altezza dello spioncino; un altro, il blindo, il massiccio portone di ferro con lo spioncino che viene alzato o abbassato dall’esterno, e ha al centro uno spioncino minore al quale il guardiano può poggiare l’occhio per guardare (spiare) dentro. Come si possa morire, per incidente o per volontà, con la testa incastrata nell’uno o nell’altro spioncino, è difficile e terribile da immaginare. Per soffocare bisogna che sia il collo a restare strozzato, e il collo è meno largo della testa “nell’uomo normale” – a meno che si pensi anormale “il 43enne”, quale tunisino e detenuto e in transito (suggestiva ambiguità, quel suo essere “in transito”).

Continuiamo. Non si passano piatti “per il pranzo o la cena”: i piatti (solo di plastica o di carta plasticata, come le posate) ce li ha il detenuto in cella, e il portavitto col carrello si limita a riempirglieli. Continuiamo: “Per qualche motivo, però, l’uomo non sarebbe riuscito a far uscire la testa dalle sbarre. Sarebbe rimasto incastrato, facendosi prendere dal panico. In pochi attimi – secondo una prima ricostruzione – avrebbe perso i sensi, rendendo più difficili le operazioni di soccorso di una guardia intervenuta per aiutarlo. E avrebbe perso la vita in questo modo, con ogni probabilità per soffocamento: quando sul posto è intervenuta l’automedica del 118, per lui non c’era più niente da fare”.

Cioè: un uomo ha la testa incastrata fra le sbarre e ha perso i sensi– nel frattempo “la guardia intervenuta” avrà aperto il cancello, lo avrà soccorso, gli avrà sorretto la testa – e, mentre misteriosamente soffoca, si aspetta che arrivi “l’automedica del 118”! A Sollicciano, col traffico dell’A1! Ma che cosa dite, che cosa scrivete. Non c’era un medico, a Sollicciano, non un infermiere? Il carcere, ha scritto il garante toscano, “avrebbe necessità di una visione umanistica ed antropocentrica (sic!) che esaltasse il dettato costituzionale”. Mancano comandante e direttore titolare, i detenuti sono il doppio della capienza (così il segretario della Uil-Pa), nella stessa sera “un altro detenuto abbatteva i muri della cella” (sic!), lo scorso 11 luglio “otto detenuti della 12ma sezione avevano incendiato i materassi delle loro celle, poi avevano divelto le inferriate delle finestre del locale docce ed infine erano riusciti ad arrampicarsi sul tetto del penitenziario”...

“Un magistrato indaga”. Mani che prudono, digrignar di denti. Io la conosco, quella lingua straniera. Fatevi le urine, fottuti bastardi.

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