piccola posta
In Prato della Valle cambiamo la didascalia, non le statue
Casi così puri di unilateralità maschile possono avere ancora un futuro restando così come sono. Visitatrici e visitatori potranno rispondere alla domanda: che cosa notate di strano? Di stranissimo? Considerazioni all'indirizzo di Dacia Maraini e Lella Costa
Cara Dacia Maraini, cara Lella Costa, vorrei indirizzarvi una considerazione sulle statue femminili, mentre mi auguro che siate elette, l’una o l’altra o un’altra in gamba, alla presidenza della Repubblica. Da tempo, e già prima dell’onda americana, si segnala la smisurata sproporzione fra uomini e donne nella toponomastica e nei monumenti, oltre che nelle predilezioni estetiche della statuaria: donne anonime dal seno rigogliosamente nudo e uomini con nome e cognome, spesso insulsi e non di rado nocivi al genere umano. Il Prato della Valle, di cui ora si tratta, ha 78 statue (già 88, ma con spodestamenti e ripensamenti) tutte maschili, e una minuscola eccezione: il busto di Gaspara Stampa (Padova 1523-Venezia 1554), poetessa artista e musicista, attività in cui seppe distinguersi nonostante la brevità dei suoi 31 anni. Grazie al dibattito in corso, ci siamo accorti che il busto di Gaspara Stampa poggia su un pezzo di piedistallo della statua dello scultore Andrea Briosco detto il Crispo o il Riccio (1470-1523), ritratto invece a figura piena. Più esattamente, il busto di Gasparina sembra sbucare da un lembo del drappo che avvolge l’uomo, come Eva dalla costola di Adamo, toccando in altezza più o meno la metà del polpaccio destro di lui. La minuta e mutilata Gaspara è un’intrusione preziosa nel novero monumentale, e fa il paio con i busti risorgimentali romani del Gianicolo, molte decine, di cui avevo appena scritto, che comprendono un’unica donna martire della Repubblica romana del 1849, Colomba Antonietti, la quale però si meritò la gloria combattendo travestita da maschio e da bersagliere, capelli tagliati, e morendo di una cannonata – Dacia conosce bene la storia, l’ha riscritta. Non vi ha un mezzo busto l’illustre Cristina di Belgiojoso, né la cara compagna di Carlo Pisacane, Enrichetta Di Lorenzo, “direttrice delle ambulanze” in quel ’49. Singolarissime quote rosa, dunque: la minoranza di una, e nemmeno. (Fra gli oltre duecento busti del Pincio le donne sono tre, Vittoria Colonna, Caterina da Siena e Grazia Deledda).
A Padova, dove la discussione è stata riaperta da una benvenuta iniziativa della consigliera Margherita Colonnello e del suo collega Simone Pillitteri, era appena stata salutata la nomina della prima rettrice donna della gloriosa università locale, la neuropsicologa Daniela Mapelli. Nel 1992 era stata eletta la prima rettrice donna in assoluto, a Roma, Biancamaria Tedeschini Lalli. Ora ce ne sono 7, anche la Sapienza romana ha avuto la prima, nel 2020, Antonella Polimeni. Prima, l’intera galleria di ritratti dei rettori padovani era maschile, come la statuaria di Prato della Valle. Prima del 1992, l’intera galleria plurisecolare di ritratti dei rettori italiani era maschile, come i busti del Gianicolo, tranne la valorosa travestita. Prima di poco fa, non poche delle fotografie del nostro personale curriculum politico e sociale erano pressoché interamente maschili.
Dunque si integri pure la gran piazza con qualche statua supplementare, per risarcimento. A me pare però che casi così puri, per così dire, di unilateralità maschile, di tale inavvertita naturalezza, possano avere un futuro illustre restando così come e dove sono, tal quali, semplicemente cambiando destinazione o, se la parola sembri troppo solenne, didascalia. Che visitatrici e visitatori, scolaresche e gruppi in pensione, vi siano attratti dalla inesplicabile singolarità. “Guardate bene i monumenti, contateli, girategli attorno, e poi rispondete alla domanda: che cosa notate di strano? Di stranissimo?”.
Questa la mia considerazione sulla transizione ecologica e culturale. (Che si aggiunge alla domanda che ormai rifaccio automaticamente: qual è la quota percentuale di donne nel totale delle persone detenute?).
Auguri a voi per il Quirinale. (Il 4 per cento, circa: bisogna che gli uomini delinquano molto di meno, o le donne molto di più).