Rifugiati ucraini in Belgio (Ansa) 

piccola posta

Quando non distingui più uno spot da un video di guerra

Adriano Sofri

"Non vuoi andare a casa?", chiede trepidante una mamma al figlio in lacrime, in una pubblicità che va spesso in onda dalla fine di Sanremo. L'effetto che fa vederlo intervallare le notizie sull'esilio Ucraino

C’è un video pubblicitario della più famosa compagnia di crociere. Viene trasmesso innumerevoli volte, dal suo lancio, che ha coinciso, vedo, con il Festival di Sanremo e la sua appendice a bordo di una nave. E’ un video innovativo, spiega, che ha usato un vero bambino e il vero dialogo filmato fra lui e sua madre e le vere immagini di lui felice sulla nave dalla quale ora rimpiange – piange – di essere sbarcato. Io non seguo abbastanza, e me ne sono accorto da poco, guardando programmi sull’Ucraina: la voce della madre, piena di compassione, che lo interroga – non vuoi andare a casa? – lui che piagnucola e dice di no, che vuole tornare sulla nave… Vuole tornare a bordo.

 

La volta dopo ho guardato con attenzione, l’avevo preso per un video di guerra e d’esilio ucraino. Naturalmente, chi ha pensato e fatto il video non poteva immaginare che di lì a poco l’Europa avrebbe fatto naufragio, e che il pianto del piccolo (Leo, si chiama) e la commozione trepida della madre sarebbero finiti equivocamente dentro gli intervalli delle corrispondenze dall’Ucraina, dalle sue cantine, dai suoi binari, dai suoi confini.

   

Forse gli autori e i loro committenti si sono posti il problema e hanno deciso di lasciare la cosa così, e non saprei giudicarne. Però non posso fare a meno di immaginare alcuni del milione di bambini che già hanno lasciato padri e terra per arrivare da noi, teneramente accolti e provvisoriamente al sicuro, che guardino quel video e ascoltino la trepidante domanda materna – “Non vuoi andare a casa? E dove vuoi andare?” – mentre si chiedono dove sono sbarcati, verso dove potranno imbarcarsi.

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