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Al convegno su "Ucraina tra storia e attualità" per scoprire il poeta Taras Shevchenko
Una sua statua è collocata dall'anno scorso a Firenze, donata dal sindaco di Kyiv, Vitali Klitschko, in cambio della statua di Dante alla capitale ucraina, gemellata nel 1967. Tutt’altri tempi.
Sulla solita benedetta Radio Radicale c’è la registrazione di un convegno di due giorni, organizzato dall’Università di Firenze, il 19 e il 20 maggio, sul tema: “L’Ucraina tra storia e attualità”. Sono più di dieci ore, nelle quali si sono alternate lezioni di preminente interesse linguistico (Alessandro Achilli, Laura Orazi) e letterario (Maria Grazia Bartolini) ad altre più direttamente legate alla storia civile e politica. Con una prevalenza di voci femminili, come quella di Giovanna Brogi, decana degli studi slavistici e ucraini, che ha trattato della cultura del Seicento e l’“europeicità” dell’Ucraina; di Giulia Lami, “L’Ucraina fra Russia ed Europa: una sovranità ipotetica o ipotecata?”, di Giovanna Siedina su “Taras Shevchenko (1814-1861), poeta nazionale dell’Ucraina”. A Firenze, nel giardino della Biblioteca delle Oblate, è collocata dall’anno scorso l’unica statua di Shevchenko ospitata in Italia, donata dal sindaco di Kyiv, Vitali Klitschko, in cambio della statua di Dante donata nel 2015 alla capitale ucraina, gemellata nel 1967, tutt’altri tempi. Inciso nel marmo, sotto il bronzo turbinoso del poeta, si legge il suo appello ai popoli assoggettati all’impero di Mosca, dal poemetto “Caucaso”, 1845: “Lottate, vincerete”.
A Shevchenko, nel 2015, Giovanna Brogi e Oxana Pachlovska avevano dedicato una raccolta di saggi (LeMonnier) intitolata “Dalle carceri zariste al Pantheon ucraino”, che comprende un’antologia di poesie col testo a fronte. Il nome di Shevchenko era stato evocato a patrocinare la ribellione di Maidan del 2013-14. La sua biografia – figlio di servi della gleba, servo lui stesso fino alla vigilia della morte, sostenitore dell’Ucraina e della sua lingua a differenza dalla “Piccola Russia” scelta dall’altro grande ucraino Mykola Hohol’, in russo Nikolai Gogol’, Shevchenko ha avuto per la sua patria un ruolo affine, e contrastante, a quello dei grandi poeti nazionali e creatori della lingua contemporanei, Adam Mickiewicz (1798-1855) per i polacchi (ma il "Pan Tadeusz" comincia: “Lituania, patria mia!”), Aleksandr Puškin per la Russia (1799-1837), France Prešeren (1800-1849) per la Slovenia. Fra le relazioni più “attuali” ho ascoltato quella di Marcello Garzaniti su “L’eredità religiosa e culturale della Rus’ di Kiev e i suoi sviluppi contemporanei in Ucraina”, e quella di Ettore Cinnella (1945), su “Holodomor. Il genocidio ucraino 1932-33”, che raccomando soprattutto a chi non conosca questo storico meritoriamente accanito e l’opera che ha dedicato nel 2015 all’“Ucraina. Il genocidio dimenticato” (Della Porta, Pisa).