Piccola posta
Che mortificazione la crisi di governo per gli italiani all'estero
Succede anche in Ucraina. Tanto più che si continua a constatare che, al chiosco dei cappuccini o ai checkpoint stradali, avere passaporto e frasi da italiani continua a essere una benemerenza. Gli italiani l’hanno data a bere anche agli stranieri
Da Gobetti in qua, quell’idea che il fascismo e i suoi succedanei siano l’autobiografia della nazione non vuole passare, come certi mal di testa. In tutto questo periodo ho riservatamente guardato cristallizzarsi una nuova forma del fascismo eterno attorno all’ironia, il sarcasmo, il ludibrio, lo scherno e l’intera gamma di ri-sentimenti sollevati contro “i Migliori”. A cominciare da Mario Draghi, inopinatamente succeduto a Palmiro Togliatti nella carica di Migliore. Tutti coloro che hanno partecipato del tiro al bersaglio dei Migliori, tutti, eh? hanno controfirmato il penultimo tomo dell’autobiografia della nazione – l’ultimo è sempre in agguato. Non bisogna mai aspettarsi dagli altri che non facciano pesare la propria inferiorità.
Così da italiani all’estero la mortificazione è forte. Tanto più che si continua a constatare che, al chiosco dei cappuccini o ai checkpoint stradali, avere passaporto e frasi da italiani continua a essere una benemerenza. Gli italiani l’hanno data a bere anche agli stranieri, oltre che a se stessi. Il mondo dice Celentano, e canta. Il mondo diceva Berlusconi, e rideva – non ride più, qui. In Ucraina c’è perfino una catena di bar intitolata MAFIA. Li metteva allegri.
Stamattina compravo il mio biglietto del treno per prendere un altro centinaio di km di distanza dagli avvenimenti e una signora mi ha aiutato a tradurre, anche lei prendeva il biglietto, torna in Italia lunedì, a Cosenza, si è messa a piangere, è stata anche a Benevento, a Dnipro lascia suo figlio, che ormai lavora. La faceva piangere più forte che un vecchio italiano fosse qua. Qua, a Dnipro, c’è un ristoratore italiano, di Bergamo, Nicola B., i giornali hanno raccontato l’impegno che ha profuso nell’assistenza ai rifugiati da Mariupol e da altri luoghi disgraziati. A Dnipro, per puro caso, ho incontrato in un paio di giorni altri due italiani, uno si chiama Enzo P., si occupa della logistica per Medici senza Frontiere, un altro si chiama Matteo B., è nel Comitato Internazionale della Croce Rossa. Il più bel ristorante della città – per quel che ho visto – si chiama Gianni Vino, nome a me doppiamente caro, non tanto per il vino ma per due Gianni. Il suo titolare si chiama Dmytro P., è ormai italiano a più di metà, e ha fatto anche lui la sua parte per migliorare la povera vita. E così via.
E ora: avanti i peggiori.