Piccola posta
Il pubblico diviso tra filoputiniani e antioccidentali
È faticoso capire da dove arriva lo sprezzo della libertà di cui si gode che caratterizza i commenti più diffusi oggi. Un esempio da una trasmissione radiofonica
Ieri ho ascoltato, dopo molto tempo, una puntata di “Tutta la città ne parla” su Radio 3 Rai. Era dedicata a due notizie dai tribunali della Federazione russa: la revoca della licenza alla Novaya Gazeta, e la condanna a 22 anni del giornalista Ivan Ivanovich Safronov, per “alto tradimento”. Gente abituata: Gazeta era il giornale di Anna Politkovskaya e di altri che l’hanno pagata come lei; Safronov è figlio di un padre giornalista sugli stessi temi – la difesa, in particolare – che morì nel 2007 cadendo dal quinto piano del condominio di Mosca in cui abitava, ma al terzo piano.
Nel corso dei dialoghi con le persone invitate, il conduttore Pietro Del Soldà informava dei commenti di ascoltatrici e ascoltatori. I commenti si dividevano fra quelli apertamente e combattivamente indignati dalla definizione della Russia di Putin come una dittatura, e quelli che denunciavano l’ipocrisia di supposte democrazie occidentali altrettanto, se non più, colpevoli di perseguitare la libertà di opinione. Cioè, fra posizioni senz’altro filoputiniane e posizioni più che altro antioccidentali. Rammarico esplicito e stupore, sia pur misurato, dell’ottimo conduttore.
Da lungo tempo constato e contesto questa evoluzione dello spirito di un pubblico che si considera di sinistra, dunque condivido i sentimenti del conduttore. Compreso lo stupore, perché nonostante il mio buio pessimismo non avrei saputo immaginare una trasmissione di Radio 3 in cui i commenti ripudiassero pressoché all’unanimità il fortunato straccio di libertà di cui godono le nostre estenuate democrazie. Ora però mi aspetterei che autrici e autori, conduttrici e conduttori, di “Tutta la città”, dedicassero la prossima puntata, oggi stesso, all’interrogazione su come si sia arrivati fino a questo punto. Quando ha cominciato a posarsi la polvere. E all’eventualità, non certo punitiva ma intellettualmente curiosa e ansiosa, di esser stati un po’ apprendisti stregoni. Caso mai non invidio chi debba decidere degli interlocutori da invitare, magari in un repertorio meno usato. Senza grandi aspettative, si capisce, ma almeno allontanando da sé l’impressione di far finta di niente.