piccola posta
Il destino di Kherson si sta compiendo
Quattro giorni fa i russi hanno esumato e traslato le spoglie mortali del principe di Tauride, Grigorij Aleksandrovich Potëmkin. Putin potrà sempre sostenere di aver invaso l’Ucraina per recuperare e riportare in terra benedetta il frale del favoloso antenato
All’ora in cui scrivo, il destino di Kherson si sta forse compiendo. A fare notizia è la scomparsa della bandiera russa dal palazzo del governo regionale occupato, e l’abbandono degli adiacenti posti di blocco russi. In realtà, la notizia più eloquente era venuta quattro giorni fa: i russi avevano esumato e traslato le spoglie mortali del principe di Tauride, Grigorij Aleksandrovich Potëmkin (1739-1791). I resti, alla lettera, sepolti in una tomba modesta nel pavimento della cattedrale di Santa Caterina a Kherson: senza il cuore e il cervello, che a suo tempo erano finiti in qualche altra urna a Iași, dove Potëmkin morì, e poi chissà. L’onnipotente comandante militare, amante e favorito di Caterina II, fondatore di Kherson, di Mykolaiv, di Odessa, e della flotta del Mar Nero, era inviso al figlio di Caterina, Paolo, primo zar del suo nome, che non lo volle onorato. La battaglia per Kherson è stata lunghissima e cruenta, forse la più costosa di tutte nel conto, ignoto, di vite umane: ancora negli ultimi giorni le perdite russe toccano o si avvicinano alle mille al giorno, e le ucraine non devono essere molto diverse. “Prima”, Kherson era la capitale scanzonata delle angurie grosse e dolci, delle riserve naturali sulla foce del gran fiume, del deserto di sabbia, della più estesa foresta artificiale, degli animali d’acqua e di terra.
Che cosa riservano le ultime ore, se così è, della restituzione all’esercito ucraino? I russi si ritirano davvero senza aver progettato una ritorsione così micidiale da sfogarne la rabbia? E che cosa sarà della diga di Khakovka, di cui si accusano a vicenda di aver preparato l’esplosione? Dallo sbarramento di Kakhovka, in mano russa, viene l’acqua che rifornisce la Crimea e che assicura il raffreddamento della centrale nucleare di Enerhodar (Zaporizhzhia). Per i russi, significherebbe perdere di nuovo il serbatoio da cui arriva l’acqua alla Crimea. Per gli ucraini, vedersi inondare l’intero territorio riconquistato, decine di villaggi, e la città di Kherson, svuotata largamente dei suoi abitanti, ma simbolicamente decisiva. L’attuale inquilino del Cremlino, cinico com’è, dunque fanatico e superstizioso, potrà sempre sostenere di aver invaso l’Ucraina ed espugnato Kherson, la sola grande città, la sola oltre la sponda occidentale del Dnipro, per recuperare e riportare in terra benedetta il frale del favoloso antenato, orbo, libertino, geniale e finalmente pazzo. Di simili trofei non rimpianti potrebbe sopravvivere: magari.