piccola posta
La strategia russa riprende la cantilena nucleare, e dimentica il generale Kutuzov
L’esercito di Putin si è scatenato in uno dei più massicci bombardamenti sulle città dall’inizio della guerra. Lo svergognato regime parla come se pensasse di durare “per decenni”
Odessa, dal nostro inviato. Giovedì. L’esercito russo si è scatenato in uno dei più massicci bombardamenti sulle città dall’inizio della guerra. L’ottavo, per dilapidazione di missili e razzi e droni, secondo la classifica della difesa ucraina: più di 120 missili solo nella mattina. La contraerea ne ha intercettato la maggioranza. Ci sono stati nuovi danni rilevanti alla fornitura di elettricità a Kyiv, a Kharkiv, a Lviv e in molte altre città. Almeno due missili sono caduti anche su Odessa, uno verso la centrale elettrica di Usatovo, l’altro nella zona industriale del porto vicino alla stazione ferroviaria di Peresyp. Le interruzioni della rete elettrica e di internet si sono moltiplicate, ma ancora una volta la città mostra di vivere come se una vita così potesse diventare normale. Camminavo nel parco del centro stamattina e, forse per la memoria fresca della visita alla scalinata, mi ha colpito la vista di una signora, una nonna, dall’aspetto, che era seduta sulla panchina e spingeva avanti e indietro la carrozzina con la sua nipotina, perché si addormentasse o perché non si svegliasse, e intanto suonava la sirena d’allarme. Così la gente ucraina.
E i russi? Dobbiamo all’incomparabile lascito di Lev Tolstoj l’ammirazione per il generale Kutuzov, la sua testa fracassata dai proiettili, il suo occhio destro accecato e lacrimoso, il suo orzaiolo, Odessa e Ismail strappate ai turchi, in nome di Caterina. E poi, con Alessandro I, la sua invenzione: “pazienza e tempo”, la ritirata, che i suoi colleghi e rivali e lo stesso zar presero come un oltraggio, andando dritti incontro alla disfatta di Austerlitz. In disgrazia, Kutuzov fu richiamato e sgominò l’esercito ottomano, o piuttosto lasciò che a sgominarlo fossero il gelo, la carestia e il colera. Nuova disgrazia, e nuovo richiamo, questa volta per far fronte all’armata di Napoleone. Addormentandosi nelle riunioni dello stato maggiore, ritirandosi, e lasciandogli in dono avvelenato Mosca destinata alle fiamme.
Il nome di Kutuzov sarebbe tornato gloriosamente nella Seconda guerra. Lo avevano dimenticato Putin e gli strateghi del 24 febbraio, autori di una incresciosa parodia napoleonica su Kyiv. A parti invertite, le forze speciali ucraine fecero pagar cara l’incursione russa di elicotteri d’attacco e aerei da trasporto e truppe speciali di centinaia di paracadutisti all’aeroporto di Hostomel, e di altre truppe speciali in uniforme ucraina infiltrate a Kyiv, che avrebbero dovuto liquidare Zelensky e i suoi. Da un giorno all’altro i russi avevano perso la guerra. Mesi più tardi, dopo le clamorose controffensive ucraine sulla regione di Kharkiv e a Kherson, il nuovo comando militare russo è sembrato recuperare la lezione della ritirata, ma in una versione vile e infamante.
Lungi dal fare del proprio territorio una terra bruciata per la controffensiva ucraina, i russi hanno compensato l’ingloriosa ritirata con la strategia, ammesso che qualcuno abbia l’impudenza di chiamarla così, del bombardamento indiscriminato di città, case, edifici civili, ospedali, centrali di energia e infrastrutture idrauliche e di trasporti: la strategia della distruzione. Qualcosa di cui il “secondo esercito del mondo” dovrà vergognarsi d’ora in poi. E doveva vergognarsene prima, nei dieci anni afghani, negli anni delle due guerre cecene, in quella di Georgia di Crimea e poi di Siria, salvo che là il resto del mondo chiuse l’occhio buono, a differenza di Kutuzov. Questo regime russo svergognato può solo ripetere ogni giorno la canzone dell’arma nucleare. Ieri Putin ha decantato l’inaugurazione di un nuovo sottomarino a propulsione e armamento nucleare, intitolato allo zar Alessandro III, e la costruzione di altri quattro, che renderanno la Russia sicura “per decenni a venire”. Dunque pensa di durare, lui e il pianeta: ci ha rassicurati. Pensava già di durare quando ha indetto i referendum da ridere a Zaporizhia e a Kherson, proclamate territorio russo “per l’eternità”. Leggo che ha detto anche che la Russia “preparerà i marinai tenendo conto dell’esperienza acquisita durante l’operazione militare speciale in Ucraina”: dev’essergli finalmente arrivata una lettera di Natale affrancata con il francobollo della Moskva e del dito medio.