piccola posta
La satira scritta è inferiore alla satira disegnata (con rare eccezioni)
Chi scrive al massimo può dire con tutta la sua forza di solidarizzare con Charlie Hebdo, che ha indetto un concorso di vignette. Soggetto: Ali Khamenei, il granduomo la cui sorella Badri scrive: “Io sto con le madri in lutto e le donne iraniane”
Chi di noi non ha, due o tre volte al giorno, un piccolo pensiero satirico? Per esempio, i tre giovani attivisti di Ultima generazione che hanno imbrattato il Senato (Senatus autem) con una vernice rossa, anzi arancione, lavabile, e lavata, e sono stati arrestati, e scarcerati: perché non è stato imputato loro il delitto, appena collaudato nel caso Cospito, di “strage contro la personalità interna dello Stato”? O almeno esterna, dato che era la facciata: “Contro la personalità esterna dello Stato”? Si sono accontentati del danneggiamento aggravato, robetta, massimo 5 anni con il fresco decreto. Li vorrei vedere imbrattare muri al costo di un ergastolo ostativo.
Potrei continuare su questa falsariga, ma volevo soltanto confermare che la satira scritta è, con rarissime eccezioni, incomparabilmente inferiore alla satira disegnata. Otto anni dopo la strage, l’editoriale di Charlie Hebdo dedicato alla libertà e al coraggio delle donne iraniane rivendica infatti: “Il disegno satirico, guida suprema della libertà”. Il soggetto del concorso è Ali Khamenei, il granduomo la cui sorella Badri scrive: “Io sto con le madri in lutto e le donne iraniane”, e si augura vicina “la vittoria del popolo e il rovesciamento di questa tirannia al potere”.
Uno che scrive può dire con tutta la sua forza di solidarizzare con il settimanale, e di apprezzare senza riserve il geniale disegno di copertina in cui una fila di infimi mullah tutti uguali si infila dentro la vagina spalancata di una gran donna nuda, e la didascalia dice: “Mullah, ritornate da dove siete venuti”. Oltretutto, un’invenzione del tutto laica. Ecco, io non so disegnare e soprattutto i pensieri satirici non mi vengono in mente in forma di disegno. Il disegno infatti non è una traduzione del pensiero, ma un altro modo di pensare. Non avevo da rammaricarmene, perché ad appena una collina di distanza da me il mio amico Sergio provvedeva, e la vita così mi sembrava completa, o quasi. Non sapevo come Sergio avrebbe reagito agli avvenimenti, prima di vederlo: compresa la reazione ai disegni parigini di otto anni fa del suo (e nostro) carissimo Wolinski. Adesso il mio amico Sergio si sta prendendo una lunga pausa, e la sua mancanza si sente forte. Ieri ancora di più.