piccola posta
Prigozhin si illude di apparire al mondo come un uomo d'onore, ma è solo un uomo d'orrore
La Russia ha conosciuto avventurieri e impostori formidabili: il capo della Wagner prenderà il suo posto in quella fila, non col nome onorevole dei suoi esordi, di fuorilegge e carcerato, ma con quello ridicolo di Cuoco di Putin
E’ solo apparentemente facile giudicare il proposito di dichiarare terrorista la milizia Wagner. Soprattutto perché i suoi comportamenti non sono così nettamente distinguibili da quelli dell’armata regolare russa, per non dire dalla banda di pretoriani di Kadirov: e il governo ucraino chiede da tempo di dichiarare terrorista l’esercito russo. L’impiego di compagnie militari private – contractor, kontraktniki, o fuor da eufemismi mercenari – è piuttosto diffuso in tutte le forze armate. (Vi ricordate la tragedia di Nassirya 2003, e i suoi strascichi). C’è la Legione straniera, che è ormai incorporata nell’esercito regolare francese. C’è stata dalla parte ucraina una Legione internazionale – oltre a piccole unità speciali, come la georgiana, la bielorussa degli oppositori di Lukashenka, le cecene dei veterani anti Kadirov – che ha fatto una prova decisamente scadente. Non c’è dubbio che la dimensione e la spregiudicatezza della Wagner, l’invadenza e la larghezza di risorse in tanta parte dell’Africa, in Libia e nel vicino oriente, ne hanno fatto un doppione dell’esercito regolare. Impegnata a lungo a negare teatralmente la dipendenza dal Cremlino, la Wagner si è scoperta in Ucraina come una punta avanzata delle forze armate russe. Il suo capobanda Prigozhin ha rivaleggiato con Kadirov, prevalendo presto: i ceceni “kadirovtsy”, che hanno millantato un ruolo decisivo a Mariupol (dove in prima fila mandavano i separatisti del Donbas), si sono presto guadagnati il disprezzo universale per l’attaccamento alla retroguardia e ai filmati di Tik-tok con la faccia feroce.
Finché la gara al posto di capobanda prediletto di Putin è andata al diavolo, e Prigozhin ha tirato la corda fino a spezzarla. Un paio di giorni fa qualcuno su Telegram lo dava per morto, ed era un rintocco di campana. Ora gioca il tutto per tutto, il suo ricatto alla Difesa e allo Stato maggiore (con l’eccezione di un solo generale) è diventato aperta e ringhiosa rottura, difficilmente riparabile. E finalmente le sue ingiurie hanno investito, con il solo estremo riguardo di non chiamarlo per nome ma per nomignolo, lo stesso Putin. Prigozhin oggi è un morto che cammina e sputa video, e punta la sua posta disperata sulla possibilità che siano il governo russo e lo stesso Putin a finire prima di lui. La Russia ha conosciuto avventurieri e impostori formidabili: Prigozhin prenderà il suo posto in quella fila, non col nome onorevole dei suoi esordi, di fuorilegge e carcerato, ma con quello ridicolo di Cuoco di Putin. E col video dell’altro giorno, quello del bluff sull’abbandono di Bakhmut. Si è assegnato, per disperazione, il privilegio di dire le cose come stanno: la guerra, l’inettitudine e la corruzione dei capi, il costo di vite, e l’ha fatto, come ogni capobanda, esibendo i corpi dei “suoi”. Quelli che ha assoldato, quelli che ha tirato fuori dalle galere, con le buone o le cattive, quelli che non avevano niente da perdere se non la vita – non è mai vero, nemmeno per i detenuti all’ergastolo senza scampo, nemmeno per i detenuti malati di Hiv e lasciati senza cure – e che ha oscenamente accatastato per attribuirsene il sacrificio e contrapporlo alla dolce vita dei generali e degli oligarchi, e dello zar. E mostrando in realtà che conto fa in vita e in morte di quella carne umana, sua proprietà, da scaraventare sul suo piatto della bilancia.
Prigozhin è disperato: non punterebbe un kopeko sulla propria sopravvivenza. Ma la sua messinscena e l’invettiva triviale che l’accompagna lo illudono di apparire al mondo, anche a quello dei nemici, come un uomo d’onore. Uno che sta al fronte coi suoi picciotti massacrati, la sua montagna di cadaveri, contro i letti di lana di Mosca. Ha sbagliato anche questo. Lo conosciamo, quest’onore. Questo orrore. Vuole somigliare a Kurtz. Uomo d’orrore, senza grandezza. Una montagna di merda, diceva Peppino Impastato.