piccola posta
E se la "denazificazione" dovesse pesare più sull'Italia che sull'Ucraina?
C'è una parte di quelli che si sentono titolari della "vera" sinistra che insiste su un'Ucraina "nazista". Il nazismo ha una parte nella storia del paese nel Novecento, ma che dire allora dell'influenza del nostro fascismo?
Molte persone che si sentono di sinistra, e più incautamente si sentono titolari della “vera” versione della sinistra – il cui unico connotato comune è il famoso spirito di superiorità e di scissione – sembrano ignorare ciò che avviene sotto i loro occhi, oppure attribuirlo a un cinismo del destino baro. Il loro rifugio tradizionale è la denuncia vittimista del tradimento della falsa sinistra – il “rinnegamento”, già nozione tragica, oggi grottesca. E, provvidenziali risorse offerte dall’emergenza impensata dei tempi, la cospirazione dispotica della pandemia e, senza soluzione di continuità, la guerra dell’occidente ordita da lontano attraverso un’Ucraina “nazista”.
Negli anni che seguirono la Prima Guerra e la rivoluzione d’ottobre, e poi il Holodomor e la distruzione dell’intelligentsia ucraina, compresa quella comunista, la parte più militante del nazionalismo indipendentista dell’Ucraina occidentale (soprattutto) si ispirò largamente, nei gesti, nelle parole d’ordine, nella dottrina, al fascismo italiano, e nell’Italia fascista trovò anche ospitalità e appoggi, con altri movimenti nazionalisti dal percorso simile, come gli ustascia croati: legame superato poi largamente da quello con il nazismo, più potente e più vicino geograficamente. Con eccezioni, l’antisemitismo fu un suo ingrediente importante.
Quell’indipendentismo fece le sue prove contro il dominio polacco per cercare poi nel nazismo e nell’invasione del 1941 la potenza cui associarsi per far fronte all’Unione Sovietica. Si arruolò nelle file naziste, benché la sua aspirazione a vedersi riconosciuta l’indipendenza statale ne fosse frustrata, e i suoi capi, a cominciare da Stepan Bandera, venissero insieme tenuti a freno - detenuti a freno - e conservati per un uso eventuale. Ucraini ebbero parte rilevante, con e senza i tedeschi, nello sterminio degli ebrei. Nel corso della guerra rivolsero le loro armi contro la Wehrmacht, convinti ormai di non potersene aspettare il riconoscimento dell’aspirazione all’indipendenza, contro la minoranza polacca e l’esercito polacco, e contro l’Armata Rossa subentrata ai nazisti: la loro guerriglia antisovietica continuò per anni anche dopo la fine della guerra. Nell’Ucraina indipendente dopo il 1991 e soprattutto dopo la rivoluzione arancione e quella di Maidan, furono rivendicati da molti come patrioti, facendo prevalere la loro ispirazione nazionale (e anche religiosa) sull’affinità ideologica e la soggezione al nazismo. Quel retaggio è ancora al centro della battaglia di memorie nel paese, e dei rapporti fra il paese in guerra e il retroterra europeo cui vuole appartenere.
Detto questo, conviene ricordare alcune fastidiose analogie e alcune differenze fra l’Ucraina e l’Italia. L’Italia fascista fu ispiratrice del nazionalsocialismo hitleriano, del razzismo antislavo, anticipatrice delle leggi razziste antisemite, alleata servile nella guerra, coautrice della caccia e dello sterminio degli ebrei cittadini italiani. Per colmo di desolazione, gli eredi di quella Italia fascista e poi repubblichina sono arrivati, attraverso una lunga, non lunghissima, peripezia, al governo repubblicano del nostro paese.
Il concetto di “denazificazione”, insensato in ambedue i casi, a prenderlo sul serio peserebbe più sull’Italia contemporanea che sull’Ucraina.