piccola posta
Cosa torna e cosa no nel duello fra la russa e l'ucraina ai Mondiali di scherma
Olga Kharlan, già campionessa olimpica, ha vinto alla svelta e ha negato la stretta di mano ad Anna Smirnova, l'avversaria russa. Che è rimasta per 45 minuti sulla pedana in segno di protesta finché l'altra non è stata squalificata, per poi essere riammessa oggi
Fra la guerra e la pace c’è un rapporto abbastanza simile a quello fra il duello all’ultimo sangue e la scherma sportiva. Tant’è vero che gli inventori delle olimpiadi interrompevano la guerra per l’occasione. Quella somiglianza complica le cose quando si tratta di tirare sportivamente di scherma con un’avversaria mentre la propria gente si sta difendendo da una guerra che la sua gente le ha scatenato contro. Siccome non c’è niente di umano che ci sia estraneo, e di questa capacità e curiosità possiamo servirci anche per metterci nella pelle degli altri animali, non umani, e nella scorza delle piante, immaginiamo di metterci nei panni di una schermitrice ucraina cui è capitato in sorte di incontrare al primo turno dei campionati del mondo una schermitrice russa.
Tanto più che succede a Milano, dove ci siamo appena messi nella corteccia dei grandi platani schiantati. Con la schermitrice ucraina è piuttosto facile, benché a una prima distratta reazione si deplori il rifiuto di dare la mano all’avversaria dopo l’ultima stoccata, come chiede il regolamento. I governanti del suo paese avrebbero preferito che non partecipasse al campionato, per protestare contro l’ammissione di atlete e atleti russi, sia pure a titolo individuale e senza i colori nazionali.
Loro (non tutti) hanno scelto di partecipare, con la condizione di non dare la mano agli eventuali avversari, perché la sentono troppo affine alle mani che stanno bombardando case e granai nel loro paese, e perché sanno che nel loro paese (nella massacrata Mykolaiv, quanto alla famiglia della schermitrice ucraina) le persone se ne sentirebbero ferite e tradite. L’ucraina, già campionessa olimpica, che è molto forte, ha salutato avversaria arbitro e pubblico prima dell’inizio del combattimento, si è battuta, ha vinto alla svelta, ha offerto in saluto la sciabola, ha tenuto per sé la mano. Non è difficile capirla. Se avesse fatto il contrario, e avesse stretto la mano dell’avversaria, sarebbe stato altrettanto facile capirla, pur preoccupandosi per lei.
E l’altra, la sciabolista russa? Ha perso. Ha tolto dalla rete una sua fotografia in cui fa il segno della vittoria con un soldato. E mentre l’avversaria senza darle la mano scendeva dalla pedana e, con la validazione dell’arbitro, andava a prepararsi per il prossimo incontro, lei, incitata dai suoi, decideva di restare sulla pedana per protesta, prima in piedi poi accomodata su una sedia, occupandola per tre quarti d’ora, fino a che una Federazione Internazionale della Scherma imbecille o paurosa del suo boss ufficialmente sospeso, un oligarca uzbeko agli ordini di Putin, sanzionava l’ucraina con la squalifica e la sospensione dalle gare per lei, e la prevedibile esclusione di tutta la squadra.
La giovane russa otteneva così di aver perso lei per numero di stoccate, e di eliminare l’avversaria vincitrice per mania patriottica di regolamento, sicché passava al prossimo turno una bulgara ignara e innocente. Ecco: non c’è quasi niente di umano che io senta estraneo, né di animale né di vegetale – ma la manifestazione di 45 minuti della giovane schermitrice russa non la capisco. E non ho voglia di capirla.
P.S. Questo era stato scritto prima che la sospensione di Olga Kharlan venisse revocata.