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Che voglia di vedere Huliaipole, la città di Nestor Makhno, anarchico radunatore di contadini

Adriano Sofri

Arrivò a mettere insieme un esercito di molte decine di migliaia di combattenti e a tenere in scacco una sequela di armate successive: compresi i Bianchi e i Rossi bolscevichi. La sua città si è attirata un bombardamento specialmente accanito dai russi

Lorenzo Cremonesi va rincorrendo freneticamente ogni fronte, ogni città e villaggio d’Ucraina, preoccupato di mancare qualche appuntamento con la cronaca di guerra, prima che diventi storia – prima che trovi un modo decente per finire. Ieri era a Huliaipole, nemmeno cento km da Zaporizhia, e ora nemmeno tre km dal fronte. Ha raccontato la cittadina, con uno dei suoi video estemporanei, attraverso la visita del vasto ospedale, bombardato così metodicamente da essere ridotto solo a un pronto soccorso per i militari e per gli abitanti rimasti, un decimo della popolazione di prima.

Ero andato a Zaporizhia, l’estate scorsa, specialmente col proposito di visitare Huliaipole, la “Makhnograd” in cui era nato Nestor Makhno, l’anarchico radunatore di contadini che arrivò a mettere insieme un esercito di molte decine di migliaia di combattenti e a tenere in scacco una sequela di armate successive: fra il 1917 e il 1921 Huliaipole cambiò infatti padroni “almeno 16 volte”! Compresi i Bianchi e i Rossi bolscevichi, dei quali Makhno fu alleato sospettoso e sospettato, e alla fine nemico. Piccolo e un po’ zoppo, Makhno era bello e fotogenico come il Che, e lo anticipava anche per la durezza da tenere senza perdere la tenerezza – dilapidando la prima sui nemici, riservando la seconda ai suoi. Quando la sua epopea fu segnata riparò a Parigi, campò facendo il calzolaio, malato, forse bevendo troppo e male, morì nel 1936 – era nato nel 1888 – e dorme al Pére Lachaise. Nel villaggio natale sono sepolti suo padre, sua madre, i suoi fratelli e nipoti: chissà se esiste ancora quel cimitero. A Hulaipole, dopo l’indipendenza, la sua leggenda potè essere ravvivata, nel 2009 gli drizzarono una statua – seduto, a grandezza naturale, il piede sulla cassetta di munizioni, un mauser in una mano, una sciabola nell’altra. Cemento ricoperto di una vernice di similoro rosso, molto kitsch, riprodotta in altri punti della città e in miniatura nei banchetti destinati ai turisti politici.

Huliaipole si è attirata un bombardamento specialmente accanito dai russi. Insomma, gli autisti che sondai a Zaporizhia scuotevano la testa: ho famiglia, troppo pericoloso. Rinunciai. Così ieri ho guardato con invidia il video di Cremonesi. Lo chiamo, gli chiedo se si è ricordato la storia di Makhno.