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Piccola posta

Nemmeno l'ingiustizia e la violenza feriscono quanto l'umiliazione

Adriano Sofri

Quanto sta accadendo in Israele e nella Striscia di Gaza è una barbarie che ripugna alle coscienze e ai corpi

Da un minuto dopo la Creazione, ogni cosa creata ebbe dei precedenti. Il Genesi è un appassionato e pignolo libro di genealogie. La questione sta, è sempre stata, nel rapporto fra i precedenti e le cause. Valutare qualcosa ignorandone i precedenti è semplicemente stupido. Ridurre senz’altro le cause ai precedenti è più stupido, perché le cose presenti – un’invasione, un’alluvione, un massacro... – esigono di essere prima di tutto affrontate. E’ più stupido anche per un’altra ragione, sostanziale. Ridurre ciò che viene dopo a ciò che è venuto prima – Hitler a Versailles – priva Hitler della sua lucida predilezione per il male. Non si può spendere nemmeno una parola per chi ammiri l’impresa di Hamas; qualcuno pensa che quell’impresa non sia se non la necessaria e comunque inevitabile conseguenza di ciò che è venuto prima. Lo Stato di Israele raccoglie, nell’orrore degli scorsi giorni, ciò che ha seminato. Nel caso di Israele e Palestina, la suggestione dei precedenti ha una peculiare potenza archeologica, e non fa che scavare alla ricerca delle prove originarie del rispettivo diritto alla terra e alle vite. Gaza non è occupata dal 2005, ma è assediata così da farla proverbialmente somigliare a una prigione a cielo aperto, con qualche ora d’aria per una minoranza dei suoi. E’ una prigione particolare, in cui spadroneggia una classe di fanatici criminali che sanno quello che fanno. Il 7 ottobre lo sapevano. Quello che hanno fatto è imperdonabile, qualunque sguardo non pregiudicato si rivolga a quella preziosa parte della terra.

Ieri leggevo sul Fatto un articolo di Elena Basile, la diplomatica italiana che, prima con uno pseudonimo, poi, uscita di servizio, col suo nome, si è impegnata a sostenere dall’inizio dell’aggressione russa all’Ucraina che i (più o meno presunti) precedenti assegnassero la vera responsabilità della guerra alla Nato. Ieri – il bersaglio era Paolo Mieli, che risponderà, se crederà, a modo suo – Basile assimilava senza residui cose d’Ucraina e cose d’Israele, e ricorreva all’espressione di “aggressore tattico”. La Russia è innegabilmente, materialmente (è lei che ha attraversato i confini) l’aggressore, ma l’ “aggressore strategico” è l’occidente. Ciò che vale tal quale per Hamas, l’aggressore tattico di Israele. Il quale Israele “ha creato Hamas”. “Così come una politica aggressiva di espansione della Nato e di rifiuto di considerare gli interessi legittimi di sicurezza della Russia ha creato il Putin invasore”. Non si potrebbe essere più chiari. Ora, nessuno di noi che abbiamo letto, frequentato, orecchiato le storie del mondo ignora che i giochi di potere prevedano robuste dosi di cinismo e di infamia, e che spesso i nemici giurati dei diversi attori potenti siano stati da loro teneramente nutriti in fasce per servirsene contro nemici allora più grossi. Ma nemmeno l’ultimo dei piccoli delinquenti che riempiono le nostre galere accetterebbe senza offendersi di essere descritto dalla signora Basile come “creato” d’altri, senza il briciolo di libero arbitrio e di responsabilità che ogni essere umano merita. Figuriamoci Putin, figuriamoci i gran capi di Hamas. Favoriti come sono dagli argomenti di Basile, riderebbero a crepapelle di lei. Come avrebbe riso, suppongo, Totò Riina all’idea di esser stato “creato” – “criatu”– dallo Stato e dalle sue trattative.

Niente avrebbe potuto giustificare, e nemmeno trovare attenuanti, a Hamas per la sua dedizione statutaria alla cancellazione dello Stato di Israele. Oggi non si tratta solo di questo, ma dell’operato dei suoi uomini e della lezione di disumanità che hanno imposto alla loro gente, oltre che al vasto mondo di cui cercano l’applauso. D’altra parte, l’Israele in cui i riservisti accorrono a prendere il proprio posto è il paese in cui le enormi manifestazioni d’opposizione sono sospese, ma la critica delle colpe del governo e dell’intera storia del paese è più viva che mai: un esempio rarissimo in situazioni di guerra dichiarata. In Israele Netanyahu aveva vinto le elezioni alleandosi con personaggi “odiosi”, come li ha chiamati Giuliano Ferrara, ma sottovalutando il valore delle reazioni che avevano suscitato. Il Ben Gvir della Spianata di al Aqsa si è visto restituire la sfida col titolo irridente dell’Alluvione di al Aqsa”. Buona parte dell’incredibilmente tenace opposizione israeliana era fatta da cittadini che avevano leggermente ceduto al qualunquismo dell’astensione dal voto, e si erano visti alzare contro una manomissione fondamentalista e bigotta dello Stato e della società. C’è, oltre all’orrore, una lezione commovente nella strage compiuta da Hamas di giovani donne e uomini felici di un rave – altra parola che abbiamo imparato qui a sfottere, così lunga la sappiamo. Leggo sagge raccomandazioni sul realismo delle diplomazie e sulla necessità di considerare la potenza regionale e mondiale dell’Iran: la strage del rave israeliano è l’altra faccia, quella di Donna Vita Libertà, le facce sorelle in cui vorremmo riconoscere la nostra.

Israele è stata umiliata. Nemmeno l’ingiustizia e la violenza feriscono quanto l’umiliazione. La gente palestinese e gli arabi d’Israele sono stati umiliati mille volte. I coloni estremisti se ne sono compiaciuti. La rivalsa è stata terribile. Le folle di arabi e di musulmani – senza tante distinzioni, per una volta, tra sunniti e sciiti – hanno guardato ai deltaplani con gli occhi ipnotizzati ed estasiati coi quali guardarono alle Torri gemelle sventrate, e agli stupri e alle gogne come ai corpi che allora venivano giù dalle finestre. Quello che farà Israele per rispondere non è giustificato a priori. A meno di regalare a Hamas e all’esultanza araba dopo il trionfo militare anche il coronamento del martirologio. Non tanto perché c’è la legge, nemmeno tra persone per cui la Legge ha la maiuscola, ma perché una barbarie come quella che abbiamo negli occhi ripugna alle coscienze e ai corpi. 

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