piccola posta
Il riconoscimento del successo diplomatico non scalfisce il disprezzo per la doppiezza del Qatar
Forse è questa la migliore definizione della diplomazia, la possibilità di ottenere almeno qualcosa di buono grazie a una combinazione di reciproci cinismi e di interessi miserabili
Se davvero domani l’accordo entrerà in vigore, e assicurerà la liberazione di ostaggi donne e bambini rapiti da Hamas in cambio di detenute e detenuti palestinesi, e una tregua delle armi su Gaza e un aumento degli aiuti materiali alla sua popolazione, avrà voluto dire che alcune fra le persone peggiori, per alcune fra le motivazioni peggiori, sono state in grado di ridurre almeno provvisoriamente il danno che hanno provocato alla convivenza. Gli stupratori di Hamas, con l’acqua alla gola, sfruttano la dedizione della parte migliore di Israele, le famiglie dei rapiti e quelle degli assassinati e la solidarietà degli altri, per procurarsi un po’ di respiro dall’assalto in cui sono stretti. Netanyahu aveva puntato tutto sull’oltranzismo della distruzione per ottenere una dilazione, al momento in cui si deciderà la fine della sua carriera pubblica e la sua losca destinazione personale. (Mi sembra che fosse Ben Gurion ad augurarsi che un ebreo fosse arrestato per furto, così Israele sarebbe diventato uno Stato normale. Poi venne Netanyahu). Ora la sterzata: magari l’azzardo sulla sopravvivenza gli sembra meno implausibile se si prende il merito della salvezza degli ostaggi. Così. Forse è questa la migliore definizione della diplomazia, la possibilità di ottenere qualcosa di buono, almeno qualcosa di buono, grazie a una combinazione di reciproci cinismi e di interessi miserabili. Visi di bambini restituiti alla luce dietro vecchie facce di bricconi e di assassini. (E i bambini salvati non si annullano nel conto dei bambini perduti, dalla strage degli innocenti in poi).
Voglio dire che il riconoscimento al frutto della diplomazia non scalfisce di un millimetro l’estraneità e il disprezzo per i suoi attori. Il disprezzo per quello stato d’animo, per quella universale modalità umana, che per convenzione oggi chiameremo Qatar.