Piccola posta
Caro Corrado Formigli: cosa riguarda davvero il finanziamento per Kyiv
E il confronto tra Mieli e Montanari, che non riesce a trovare esempi adatti. Le guerre finiscono, quando finiscono, con vincitori e vinti, o con compromessi
Caro Corrado Formigli, giovedì sera nella tua “Piazzapulita” ho ascoltato la parte riservata all’Ucraina. Erano con te Paolo Mieli e Tomaso Montanari, facce per me guardabilissime. Ti scrivo perché, salvo che sia io a sbagliare di grosso, la premessa all’intera discussione, enunciata e ribadita da te, ripetuta da Montanari, senza obiezioni di Mieli, era del tutto infondata. La tua premessa era che l’Unione europea avesse appena, sbrigato il ricatto di Orbán, varato all’unanimità un ulteriore finanziamento di ben 50 miliardi di euro “per le armi all’Ucraina”. Solo che quei 50 miliardi di euro, distribuiti, tra fondo perduto, 17, e prestito, 33, sui quattro anni che arrivano al 2027, non sono affatto “per le armi”. L’Ue ha uno strumento specifico per gli aiuti militari, sul quale si può anche scherzare, chi sia di bocca buona, per la denominazione (Epf, Strumento europeo per la pace). I 50 miliardi sono destinati alla sopravvivenza civile dell’Ucraina: “Assistenza umanitaria e protezione civile, assistenza energetica durante l’inverno, riparazione, ripresa e ricostruzione, compresi il processo di sminamento e la riabilitazione psicosociale”.
Ti ho messo insieme il catalogo, che ha del resto una sua involontaria poeticità, dato che la riabilitazione psicosociale somiglia a uno sminamento interiore. Si tratta della misura che avrebbe dovuto essere votata dal Consiglio europeo del 14-15 dicembre scorso, quello in cui Viktor Orbán eseguì la creativa pagliacciata di uscire dalla stanza per permettere l’unanimità sui negoziati di adesione dell’Ucraina (e della Moldavia) all’Unione, ma impedì la decisione sul quadro finanziario riguardante i 50 miliardi. Questo genere di aiuti decide della sussistenza di un paese che destina le sue falcidiate risorse alla difesa e deve provvedere alla vita quotidiana della gente che gli è rimasta: mangiare, riscaldarsi, curarsi. Senza di che, fra due mesi l’Ucraina sarebbe stata sul lastrico. Per la sola ricostruzione, la Banca mondiale stima – per ora – il fabbisogno al 2027 a 142 miliardi...
In totale – aiuto militare, finanziario, umanitario, di emergenza – nei due anni di guerra, l’Ue e gli stati membri hanno sostenuto l’Ucraina con 68 miliardi, aumentati a 85 se si comprendano i costi per i rifugiati ucraini (almeno 6 milioni). L’aspettativa ucraina, per ora solo tale, di finanziamento militare fino al 2027, se non intendo male, è di 5 miliardi all’anno.
Bene: non sospetto alcuna malevolenza in te e nei tuoi interlocutori. La notizia che l’Europa (“cioè NOI!”) ha appena dato all’Ucraina 50 miliardi in armi è di quelle che poi fanno impennare i sondaggi di Mannheimer. Montanari è un esempio dei ghiribizzi dell’intelligenza applicata alla politica. Immagina che l’Ucraina abbia scelto e continui liberamente a scegliere la guerra che la sta massacrando e devastando. Immagina che quella del Papa e di don Matteo sia una strategia politica. Immagina che Vladimir Putin non veda l’ora di negoziare e firmare un trattato di pace. Le guerre, dice, finiscono in due modi, o con la vittoria di uno e la sconfitta dell’altro, o con un trattato di pace. Fammi un esempio di guerra finita col trattato di pace, dice Mieli. Non lo sa. Qualcosa poteva trovare, la Corea per esempio, che infatti viene citata da chi si augura o si rassegna a un’Ucraina dimezzata.
La guerra di Corea finì nel 1953 con un armistizio, e il trattato di pace è ancora nel libro dei sogni. Le guerre finiscono, quando finiscono, con vincitori e vinti, o con compromessi. Di quella di Gaza ci si può solo augurare, a questo punto, che non abbia vincitori, perché il vinto è noto. Montanari imputa a una pervicacia bellica dell’Ucraina la distruzione dell’Ucraina. Per invadergli il campo, gli ricorderò l’abusato aneddoto dell’ufficiale nazista che guarda Guernica e chiede a Picasso: “L’hai fatto tu?”, e Picasso risponde: “No, l’avete fatto voi”. L’autoillusione pacifista oggi si va raccogliendo attorno alla preferenza per Trump rispetto a Biden. Così Rovelli – intelligenza derivata da politica e vanità – così Giuseppi Conte, senza derive, non so Tomaso. Certo, possono rinfacciare a chi sta con gli ucraini di trovarsi dalla parte di Meloni. Il destino bara, e anche la provvidenza. Però almeno qui c’è chi stava già da una parte, e chi ci è venuto.