Piccola posta
La bestia nera di Putin da vivo, il suo incubo da morto
Alexei Navalny ha compiuto atti che eccedono l'eroismo e il suo esempio non morirà mai
Navalny ha dato un esempio di coraggio e di amor proprio che ha pochi uguali, e che costringe a decidere: o si tratta di un uomo di smisurato narcisismo, spinto fino al deliberato e centellinato sacrificio di sé, oppure di un uomo capace dell’abnegazione estrema per amore di ciò che crede giusto. Così una delle tante volte che ho scritto di lui, che mi era carissimo. E: Vladimir Putin e il suo apparato non possono ucciderlo di colpo davanti agli occhi del mondo, e non possono sopportarlo vivo. Lo hanno in balia, e confidano su un trattamento abbastanza lento da somigliare a una fine naturale. Un assassinio in cella di isolamento – in ‘confino solitario perpetuo’”.
Una “unità abitativa speciale”. Speciale è l’aggettivo prediletto dal Cremlino. Era detto, scritto. “Ora vivo sopra il circolo polare artico”, aveva scherzato Navalny dopo il suo ennesimo trasferimento segreto, “sono andato anche a fare una passeggiata”. Ieri, sopra il circolo polare artico, per un malore dopo una passeggiata, dicono le autorità penitenziarie, è morto. Non ce l’hanno fatta a rianimarlo, nonostante gli sforzi. Un malore dopo una passeggiata. Un referto che si inciderà nella memoria. Un giorno sapremo se ha avuto il tempo di dire un’ultima parola, e per chi. Fosse vera ogni frase, ogni virgola, dei comunicati, non ne sarebbe attenuato l’assassinio limpidamente premeditato distillato ed eseguito di Alexei Navalny. L’esistenza di Navalny era incompatibile con quella di Vladimir Putin e della sua banda. Chi è puro di cuore ha amato Navalny e la sua pazzia. Ha amato la testimonianza della sua vita, presto illesa dagli errori, dalle debolezze, dai pregiudizi di una carriera pubblica intrapresa col proposito di misurarsi col potere e col mondo. Corretti strada facendo, errori e pregiudizi, perché la storia non è maestra ma la vita sì, e Navalny non ha regolato il tiro sulla propria convenienza né su una propria ideologia, ma su una progressiva riduzione della posta all’essenziale, al nudo confronto fra uno strapotere smisurato e una renitenza inerme e a sua volta senza condizioni. (Sofri segue a pagina quattro)
Non è stato solo. Altre e altri hanno scelto di restare, di aspettare che gli sgherri bussassero alla loro porta o la sfondassero, hanno affrontato il mostro senza vacillare, e spesso irridendolo – il mostro non conosce ironia. Alexei Navalny ha compiuto atti che eccedono l’eroismo, se è vero che anche l’eroismo spesso non si permette ironia. Un sopravvissuto all’assassinio di stato che lo smaschera e lo ridicolizza, che fa confessare agli avvelenatori di avergli messo il novichok nel posto più indicato, “nelle mutande”, che induce il capomafia a proclamare: se fossi stato io, non l’avrei mancato!, e si congeda, ancora invalido e convalescente, da una comoda e gratificante libertà per abitare nell’isolamento punitivo delle peggiori galere: quelle dalle quali il suo persecutore estrae i malviventi senza scampo per buttarli nelle trincee ucraine.
Si ha sempre voglia di pensare e soprattutto di dire parole consolanti quando la ferita all’umanità si fa così svergognata e lacerante. Si ha voglia di dire che il morto è morto, ma le sue idee, e soprattutto il suo esempio di vita non morirà mai. Forse è vero. Molti spettri spaventano giorni e notti di Vladimir Putin, l’uomo che siede sospettoso all’altro capo della tavola, che deve temere un congiurato in ognuno dei suoi cortigiani, che si è nascosto quando il capo dei suoi mercenari si è montato la testa, che si è rianimato solo dopo che al confine di Gaza una brigata affine di stupratori e assassini gli ha procurato una nuova guerra che non lo lasciasse solo con la sua. E’ un vigliacco, e un coraggioso ironico come Navalny è stato la sua bestia nera da vivo, sarà il suo incubo da morto ammazzato. Gli rende onore chi ancora sa che cosa sia l’onore decente della libertà. Spero davvero che gli renda onore l’Ucraina.
Votate per chiunque non sia Putin, aveva chiesto. Una madre russa, un cittadino russo, ora sanno che nome mettere nell’urna.