Piccola posta
L'illuminante attualità delle opere di Jonathan Safran Foer
"Eccomi" e "Ogni cosa è illuminata" alla luce della realtà odierna: la nuova minaccia all'esistenza di Israele
Jonathan Safran Foer aveva escogitato, per il suo romanzo del 2016, “Eccomi” (“Here I Am”) un terremoto che sconquassava Israele, propiziava un assalto finale da parte dei circostanti arabi, e chiamava gli ebrei della diaspora a tornare a casa e prendere il proprio posto. Una inutilizzata attualità.
Lunedì sera ho riguardato su Sky il film di Liev Schreiber, 2005, tratto da “Ogni cosa è illuminata”, il primo romanzo di Safran Foer, uscito nel 2002. Anche lì c’è una illuminante attualità. Il pittoresco quartetto che attraversa l’Ucraina alla ricerca di Trachimbrod, il giovane americano collezionista vegetariano Jonathan, il giovane odessita break-dancer e aspirante commercialista Alex, il suo nonno che si fa passare per cieco, e la cagna irascibile di nome Sammy Davis Junior Junior, arriva finalmente al luogo che era stato il paese di Trachimbrod e trova la vecchia Lista, la sola superstite, che ha custodito i cimelii e le memorie della comunità ebraica cancellata dai nazisti nel 1942, anche quelli del nonno di Jonathan. Il viaggio ucraino di Safran Foer, poi raccontato nel romanzo, era avvenuto nel 1999. Il quartetto si è accomiatato dalla vecchia Lista quando lei li richiama. Vorrebbe fare un’ultima domanda. Deve aver esitato, per paura della risposta. Certo, le dicono. Allora chiede: “La guerra, è finita?” Sono interdetti per un momento, poi il vecchio risponde: “Sì, la guerra è finita. E’ finita”.
Ecco che cosa succede a ripensare a un romanzo come “Eccomi” otto anni dopo, quando un’altra specie di terremoto ha messo a repentaglio l’esistenza di Israele e ha messo a una prova senza precedenti la diaspora.
Ecco che cosa succede a riguardare un film come “Ogni cosa è illuminata” diciannove anni dopo, e risentire la domanda di una vecchia ebrea ucraina: “La guerra è finita?”