Piccola Posta
Tre ipotesi sul caso Piero Fassino al duty-free
Un impulso irresistito al furto senza destrezza o il profumo provissoriamente intascato e dimenticato lì, oppure ancora una sbadatezza. Una piccola storia personale
Piero Fassino lo conosco come una persona degna, per quanto sia possibile salvaguardare una reputazione decente facendo una lunga vita pubblica in un mondo come questo. C’è una gran dovizia di dettagli attorno al suo passaggio da un duty-free di aeroporto. Marca del profumo, prezzo (130 euro), tipo di giaccone e capienza delle tasche, tipo di telefono ed eventuali auricolari (niente auricolari), destinazione del volo e suo uso, se andata o ritorno (andata), esistenza o inesistenza degli apparati antitaccheggio (utile questo, non conoscevo la parola), consultazione di dipendenti non in servizio per l’eventualità che si fosse fatto un nome come taccheggiatore abituale, eccetera.
Trovo in sostanza tre ipotesi. 1. Un impulso irresistito al furto senza destrezza. 2. Quello che ha raccontato lui, due mani ingombre, il profumo provvisoriamente intascato. 3. Una sbadatezza, un atto mancato invece che un atto tentato, come può succedere a un uomo non più giovane, distratto e assorto nei fatti suoi.
Capisco che la situazione sia incresciosa per Fassino, e gli auguro che finisca presto. Ma non è di lui che volevo parlare, è di me. Il fatto è che di sapere quale delle tre versioni, o di un’eventuale quarta, sia quella vera, non mi importa niente. La piccola storia dell’aeroporto e del duty-free e del profumo mi ha semplicemente ricordato che, per i motivi più diversi e imprevedibili, e per giunta “di tenue entità” o magari del tutto involontari, un uomo, soprattutto un uomo vecchio come sono io, può sprofondare in un pomeriggio desolato, riassunto ed esaurito nell’ammissione, così chiara che sembra scritta in maiuscolo sulla parete di fronte: “HO FATTO UNA CAZZATA”.