Piccola posta
Zelensky, il Parlamento scaduto e la democrazia messa alla prova dalla guerra
Il presidente ucraino potrebbe presto affrontare pubblicamente l'argomento del suo futuro. E intanto, il preoccupante caso di un uomo morto in un ufficio di reclutamente militare
Mentre gli alleati occidentali dell’Ucraina ieri affrontavano nell’abituale ordine sparso la cerimonia del giuramento della quinta presidenza di Putin, è il regime russo a speculare sulla decadenza di Zelensky, il cui quinquennio di presidenza sarebbe normalmente finito a mezzanotte tra il 20 e il 21 maggio. Nella stessa Ucraina c’è una discussione politica, e soprattutto è viva un’incertezza ansiosa dell’opinione pubblica. Le elezioni parlamentari, che dovevano tenersi lo scorso ottobre, sono state posposte “fino alla fine delle ostilità”, per la riconosciuta impossibilità a tenerle nello stato di guerra e in vigore della legge marziale, e lo stesso è avvenuto per le elezioni presidenziali, altrimenti previste per lo scorso 31 marzo. La legge marziale, e con lei la legge sulla mobilitazione, è stata appena rinnovata per il periodo regolamentare di altri 90 giorni, dal 14 maggio, come avviene dal febbraio del 2022.
Nella discussione pubblica in Ucraina voci di oppositori, del tutto minoritarie, caldeggiano la decadenza della carica di Zelensky e la trasmissione provvisoria al presidente della Verkhovna Rada. Una netta maggioranza di giuristi sostiene al contrario la continuità del mandato presidenziale durante la legge marziale, implicita anche se non specificamente prevista dalla Costituzione. Chi distingue fra la legalità, la corrispondenza alla legge, e la legittimità, cioè la corrispondenza alla volontà popolare e al riconoscimento degli alleati internazionali, sottolinea come il grado di approvazione che i sondaggi registrano per Zelensky, benché ridotti rispetto al culmine successivo all’invasione, continuano a superare il 60 per cento, quota oltretutto superiore a quella di qualunque predecessore dopo anni dall’elezione. (Il favore dei cittadini verso il parlamento è al contrario bassissimo). E nei governi alleati non c’è finora traccia di dissociazioni da Zelensky, benché campagne ispirate dalla Russia insinuino progetti occidentali di sostituzione… E una larga maggioranza di ucraini ha condiviso la persuasione dell’impossibilità di tenere regolari elezioni con la guerra in corso – territori occupati, situazione al fronte, enorme migrazione, minacce alla sicurezza… Qualcuno avverte ragionevolmente dei rischi di una rottura impliciti in due eventualità: quella di un tracollo militare del fronte, e quella di un negoziato che comporti un compromesso territoriale. Il secondo, in particolare, potrebbe forse avere l’adesione di una maggioranza, ma sarebbe ancora osteggiato drammaticamente da una minoranza forte e oltranzista.
Comunque sia, il 20 maggio, imminente com’è, intensificherà il ricorso all’argomento. Ed è possibile che Zelensky voglia affrontarlo pubblicamente e rendere conto della propria posizione e della propria prospettiva. Da noi è spiritosa l’inclinazione dei realisti – quelli del “non sono putiniano, ma” – a deprecare, in un anno di elezioni universali, comprese quelle russe dall’esito così brillante, il rinvio delle elezioni che confermerebbe l’estraneità dell’Ucraina alla democrazia.
La democrazia non si irrobustisce grazie alla guerra e alla legge marziale, com’è ovvio. Al contrario, ne è messa alla prova. E deve fare molta attenzione. Ieri c’era in Ucraina una bruttissima notizia, per fortuna con molto risalto. Un uomo (non ho visto il nome) in età di mobilitazione è morto il 5 maggio “per un improvviso deterioramento del suo stato di salute” nell’ufficio di arruolamento militare di Kryvyi Rih. Così riferisce il centro di reclutamento militare dell’Oblast di Dnipropetrovsk. Dopo aver mostrato sintomi di una crisi epilettica, continua il centro, e aver ricevuto un primo soccorso, l’uomo è morto prima dell’arrivo dell’ambulanza. La polizia sopraggiunta non ha riscontrato segni di colluttazione e ha stabilito che la morte era avvenuta per cause naturali. Il comunicato ufficiale informa dell’inchiesta in corso, e invita ad “astenersi da dichiarazioni e giudizi emotivi e non verificati”. A ridosso di questo evento si sono ripercorsi episodi analoghi – compresa la morte di un uomo di 49 anni a Ternopil, in una circostanza simile, attribuita all’epilessia e seguita dall’incriminazione per tortura e abuso di potere di funzionari del reclutamento. All’inizio di aprile, un decreto, motivato dalla lotta alla corruzione, aveva abolito la possibilità dei medici militari di dichiarare “parzialmente idonei” gli uomini in età di leva (18-60 anni) visitati, riducendo all’alternativa secca: idonei o non idonei. E ordinando di riesaminare tutti i “parzialmente idonei”.