(foto Ansa)

Piccola Posta

La tragedia di Cuba dimostra che le rivoluzioni devono morire giovani

Adriano Sofri

L’emergenza energetica e alimentare sull’isola e il potere che ha tolto il sorriso dalla faccia della sua gente

Da due o tre giorni gira in rete un testo che ha la pretesa di fornire notizie riservate e di raccomandare misure preventive sulla situazione cubana, il cui autore, Lucio Enriquez, è un medico cubano che vive in Spagna, e si descrive così: “Amo la mia Cuba libera! Sono medico, cubano, argentino e spagnolo, anti comunista, anti fidelista, anti marxista/leninista, molto libertario”. Dice: “Sono appena trapelate informazioni sensibili del governo cubano. Durante la visita non programmata in Russia, Canel (Miguel Díaz-Canel, 64 anni, è dal 2019 presidente di Cuba) non è riuscito a convincere Putin a riprendere le forniture di petrolio, perché l’intelligence russa sta ad aspettare, dal momento che vede l’instabilità della società cubana, e che i superstiti leader storici hanno già più di 90 anni e non potranno continuare a dirigere il paese, perciò prevede un’esplosione sociale incontrollabile. D’altro canto, il paese è rimasto a secco nei suoi conti bancari internazionali.

Perciò l’unica dichiarazione che il governo cubano ha fatto riguardo alla visita di Canel in Russia (l’ha fatta dallo stesso aereo di ritorno), è stata questa: IL PAESE È IN UNA SITUAZIONE DI EMERGENZA ENERGETICA E ALIMENTARE, perché non ha ottenuto né carburante, né cibo né denaro. Per questo motivo si è tenuto un incontro riservato al massimo livello con i vertici del sindacato elettrico. Il problema è che Cuba opera con la produzione ridotta al 10 per cento, le riserve di combustibile sono al minimo, e giovedì prossimo un’altra nave da trasporto di legname e carbone salperà per la Guyana, che ha pagato un milione di dollari, e il direttore tecnico della Compagnia elettrica ha dichiarato che la centrale termoelettrica ‘Antonio Guiteras’ è vicina a spegnersi! Ciò che potrebbe farla uscire dal sistema in qualsiasi momento e indefinitamente. Stimano che ci saranno blackout 24 ore su 24 e ritengono che il sistema energetico nazionale potrebbe crollare, quindi si aspettano rivolte sociali soprattutto nella capitale e nelle città dell’est del paese. Spegneranno Internet non appena succederà qualcosa e schiereranno l’esercito e la polizia.

Cercate di conservare tutte le riserve di acqua e cibo che non necessitino di refrigerazione, non è il momento di comprare cose che debbano essere tenute in frigo. Non è per farvi paura (sono loro preoccupati e spaventati), ma perché sappiate che cosa potrebbe succedere. Stanno trattando con il Messico perché gli anticipi il denaro dell’accordo firmato recentemente per i 1.000 medici assunti dal Messico. Stanno annegando perché nessuno vuole prestargli soldi a causa del processo di Londra (che l’anno scorso ha sentenziato che l’Alta Corte inglese non è competente a giudicare dei prestiti non restituiti da Cuba) e Putin non ha dato niente perché un mese fa ha mandato una petroliera e la Russia è in guerra e non può dare una petroliera a Cuba ogni mese. Stanno tentando dappertutto di procurarsi carburante, ma senza soldi!”.
Pochi giorni fa c’era un ampio servizio da Cuba su Repubblica, di Angelo Ferracuti, che non si sognerebbe di descriversi come fa il dottor Lucio Enriquez, ma la sostanza non cambia. Compresa la franchezza con la quale i cubani ora parlano dei governanti.

C’è una morale delle rivoluzioni che non sarà mai abbastanza detta. Le rivoluzioni, che sono fatte per lo più da gente giovane, se non hanno la forza allegra e la responsabilità di tornare a casa subito dopo la famosa presa del potere, anzi quando non è ancora diventato il potere, devono morire giovani, se vogliono piacere agli dei e soprattutto agli umani mortali. Cuba aveva più di altre rivoluzioni la possibilità di farlo, perché non era compromessa da un dogmatismo ideologico (Fidel arrivò ad ammetterla “socialista” tardi e come per caso, fra un’estorsione alcolica e un lapsus). E perché era felice. Il pugno di suoi veterani superstiti che hanno più di novant’anni è il segno più triste: non perché sono vivi, ma perché sono vivi nella loro specie di potere pensionista, e il trapasso andrà dalle barelle alle bare. Perciò poi i rivoluzionari si attaccano al posto con le unghie e le dentiere, ma i loro sogni sono ancora infestati dalla faccia di Camilo. Il Che, il più contraddittorio, che lo avesse deciso o no, di morire in tempo, non si fermò mai fino a che la cosa si consolidasse e il problema principale diventasse la difesa dal nemico e la sconfessione di sé cui faceva da pretesto. Il potere, dice ora chi torna da lì, ha tolto il sorriso dalla faccia della sua gente. Togliere, 65 anni dopo, il sorriso dalla faccia delle donne cubane, l’allegria dalla musica delle strade cubane, che terribile destino, che tremenda destinazione. Che piacere grande la condanna di tutte le rivoluzioni come sfide irresponsabili, come prove di hybris condannate alla ricaduta: non è la mia morale. La mia è quella: le rivoluzioni devono smilitarizzarsi nell’anima e tornare a casa, oppure morire giovani. Il ’59 era presto, il ’60 era già tardi.

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