Piccola Posta
L'Italia in un treno che arriva a Reggio Calabria
E poi si finisce a Tropea, tra gelaterie che offrono gusti alla cipolla rossa e nduja. E dove si scopre che il custode del cimitero è stato arrestato per "estumulaziuoni non autorizzate"
Un modo di rifarsi un’idea dell’Italia è prendere il treno veloce che arriva a Reggio Calabria alle 21.44. Nel mio caso, che parto da Firenze, prenderlo alle 14.48. In una giornata di primavera che inclini già all’estate – nel mio caso, lo scorso venerdì. Da Salerno in giù (conservo la tradizionale nomenclatura di su e giù) i tratti che corrono lungo il mare sono moltissimi, e spesso gli corrono così vicino che se esistessero ancora i finestrini aperti lo potresti quasi toccare e comunque respirare, e in alcuni di quei tratti i binari sono alti appena 5 metri sopra il livello del mare, così che il viaggio è quasi una crociera. E dalla Campania alla breve Basilicata di Maratea alla Calabria, il sole ancora abbagliante si specchia splendidamente nell’azzurro dell’acqua e via via scende si arrossa e trionfa nel tramonto quando ormai poco manca alla stazione di arrivo, che nel mio caso era quella di Vibo Valentia-Pizzo. Avevo smesso presto di leggere e di dormire e sono stato a guardare, felicemente imbambolato. E vendicato del frettoloso ma deprimente viavai fra Firenze e Bologna dove, quando per un momento si esce da una galleria per entrare nell’altra, un bambino intravvede il verde Mugello o il bianco della neve e dice “Oh”, ed è già passato.
A Vibo ho persone amiche, abbiamo parlato della Cecenia, nella libreria femminile chiamata Cuori d’inchiostro, con un uditorio-parlatorio per lo più femminile, ma anche uomini, un cane, bello. E attorno a quelle due o tre ore, sono stato portato in giro. A Tropea, anche, dopo una vita. Delle cose che ho visto nel tragitto la più memorabile è il cartello delle baracche in cui si espongono ammonticchiate o appese come grandi collane rosse le celebri cipolle, il cartello che dice: “TRE MAZZI CINQUE EURO”. Non importa nemmeno informarsi su quanto è grande, quanto pesa, un mazzo: è l’insegna di un altro mondo. Benché Tropea sia poi tutta di b&b, pizzerie, ristoranti, souvenir – e gelaterie, certo, ma gelaterie che offrono (così Tonino) “gelati alla cipolla rossa di Tropea” e “nduja”. Poi ti raccontano, perché tutto il mondo è paese, che delle cipolle si fanno sei o sette raccolti all’anno, e che la terra non è più terra, e del resto la vera cipolla rossa dolce è quella nel breve spazio fra Tropea e Capo Vaticano, e che dove c’era l’erba ora c’è. Ho cercato di ricordarmi qualcosa di Pasquale Galluppi, filosofo tropeano, ma non so distinguere più fra quello che ho dimenticato e quello, quasi tutto, che non ho mai saputo: un rapido controllo avverte che Galluppi, cioè sua moglie, Barbara d’Aquino, ebbe 14 figli, 8 maschi e 6 femmine – alla salute. Sta di fatto che a un angolo di strada statale, un po’ prima di Bivona, fra la polvere e gli scappamenti, sorge una bougainville grande come una casa a tre piani e tutta fiorita: se ne sta fottendo, di non essere guardata. A Bivona, dove le tonnare si sono giustamente guadagnate un museo, il viaggiatore incontra prima del paese il camposanto, che si affaccia sulla strada con le sue tombe di famiglia imbiancate a gara, e un cartellone che dice: “Si affittano camere”.
A Shakespeare sarebbe piaciuto. Quanto al cimitero di Tropea, ho letto poi con vero disappunto, “il custode è stato arrestato per “estumulazioni non autorizzate al fine di riutilizzare alcuni loculi e destinarli ai defunti riconducibili a soggetti appartenenti alla locale cosca, nonché agli stessi amministratori comunali e, in particolare, al sindaco”. Nemmeno un mese fa il comune di Tropea è stato commissariato per infiltrazioni mafiose. Il custode del cimitero era stato premiato dal sindaco stesso, dice il ministero dell’Interno, “per abnegazione al lavoro”. Mai troppo zelo, dice il proverbio.
Io mi porto via quell’annuncio, bello come una canzone: TRE MAZZI CINQUE EURO.