Piccola Posta
Una stanza tutta per sé. O un retrobottega, come suggeriva Montaigne
In libertà e solitudine. Da Machiavelli a Virginia Woolf, che puntualizzava la non esplicità del discorso del filosofo francese "mezzo sorridente e mezzo malinconico"
Il prototipo della stanza tutta per sé, in ordine di bellezza se non di tempo, è il Machiavelli di Sant’Andrea in Percussina: “Venuta la sera, mi ritorno a casa ed entro nel mio scrittoio; e in sull’uscio mi spoglio quella veste cotidiana, piena di fango e di loto, e mi metto panni reali e curiali; e rivestito condecentemente, entro nelle antique corti delli antiqui huomini… e non sento per quattro hore di tempo alcuna noia, sdimentico ogni affanno, non temo la povertà, non mi sbigottisce la morte”. Antonio Cassese, il giurista e giudice internazionale (1937-2011) che si torna a rimpiangere in questi giorni di tribunale dell’Aia (avrebbe approvato senza riserve, credo, la richiesta di Karim Khan) parlando delle “domeniche della vita”, del proprio rifugio privato, dedicato soprattutto alla devozione per Kafka, invertiva il cambio d’abito dell’esiliato Machiavelli: “Un retrobottega in cui dismettere gli abiti da lavoro, talvolta anche “curiali”, per indossare vesti casalinghe e dimesse…”. Il retrobottega rinviava a Michel de Montaigne (1533-1592): “Bisogna riservarsi un retrobottega tutto nostro, del tutto indipendente, nel quale stabilire la nostra vera libertà, il nostro principale ritiro e la nostra solitudine. Là noi dobbiamo trattenerci abitualmente con noi stessi, e tanto privatamente che nessuna conversazione o comunicazione con altri vi trovi luogo… Noi abbiamo un’anima capace di ripiegarsi in sé stessa; essa può farci compagnia; ha i mezzi per assalire e per difendere; per ricevere e per donare; non dobbiamo temere di marcire d’ozio noioso in questa solitudine”. La “arrière-boutique toute nôtre” anticipa letteralmente la stanza tutta per sé, “A Room of One’s own”, (nel testo “of her own”, tutta per lei) di Virginia Woolf (1882-1941), che nel 1903 aveva ricevuto in regalo una copia dei “Saggi”, e da allora riconobbe sempre in Montaigne, e in un suo connotato “femminile”, il proprio ispiratore. Ne scrisse costantemente, e intitolò al suo nome nel 1925 il saggio critico che apriva la raccolta “Il lettore comune”. Anni dopo, nel 1931, Woolf e suo marito Leonard viaggiarono in Francia, nella Dordogna, e lei raccontò l’emozione provata nella torre di Montaigne – il suo “retrobottega”, una sedia, un tavolino-scrittoio, la sua sella, tre finestrelle – aprendo la porta che lui aveva aperto, camminando sui suoi passi…
L’autrice di “Una stanza tutta per sé”, il testo del 1929 che è divenuto così proverbiale (facendo a volte dimenticare che le condizioni che Woolf rivendicava a una donna che volesse scrivere romanzi erano due, la stanza e il denaro, “una rendita di almeno 500 sterline”) aveva d’altra parte raccomandato di non eccedere nell’immaginare un Montaigne interamente ritirato ed estraniato al mondo nel suo retrobottega. “Sicuramente, se chiediamo a questo grande maestro dell’arte della vita di rivelarci il suo segreto, ci consiglierà di ritirarci nella stanza interna della nostra torre, e lì di sfogliare libri, inseguire le fantasie che si rincorrono su per il camino, e lasciare il governo del mondo agli altri. Il ritiro e la contemplazione: ecco i principali ingredienti della sua ricetta. Ma no; Montaigne non è affatto esplicito. E’ impossibile ricavare una risposta semplice da quell’uomo sottile, mezzo sorridente e mezzo melanconico… La verità è che la vita in campagna, tra i libri, le verdure e i fiori, è spesso estremamente noiosa… Parigi era il luogo che più amava al mondo… Quanto alla lettura, raramente riusciva a leggere per più di un’ora alla volta, e la sua memoria era così pessima che passando da una stanza all’altra dimenticava ciò che aveva in mente… Meglio stare nel mezzo della via, nel solco comune per quanto melmoso… Possiamo anche goderci la nostra stanza dentro la torre con le sue pareti dipinte e le librerie spaziose, ma a vangare giù in giardino c’è un uomo che stamattina ha seppellito il padre…”.
E’ molto bello, no? Salvo che mi sia sfuggito – non ho certo presente ogni passo del Montaigne da lei menzionato – Virginia Woolf non si è soffermata sopra un inciso della prescrizione dello scrittore sulla necessità e i privilegi del retrobottega: “… ivi discorrere e ridere come se fossimo senza moglie, senza figli e senza sostanza, senza seguito e senza servitori, affinché, quando verrà il momento di perderli, non ci riesca nuovo il farne a meno”. Un retrobottega tutto per sé, e senza moglie…