piccola posta
Il ghepardo e l'impala, la Russia e l'Ucraina. In natura come fra stati
Così la pensano i turisti dello zoo-safari a proposito del conflitto: guardatevi dell’interferire con gli animali, spinti magari da malintesi sentimenti di compassione, perché turbereste l’equilibrio naturale
Ci sono cose che non si sa più se chiamare infantili o senili. Per esempio, su Facebook, io guardo soprattutto i brevi filmati sugli animali. Ne ho guardato uno, vecchio, dell’agosto 2022. L’hanno visto in centinaia di migliaia. Era stato girato su una strada asfaltata di un parco sudafricano. Un ghepardo ha ghermito con le zampe anteriori il dorso di una giovane impala e la tiene schiacciata al suolo. Subito di fronte c’è una grossa auto che si è fermata. Dal lato opposto ce n’è evidentemente un’altra dalla quale viene filmata la scena. Il ghepardo gira la testa di qua e di là, allarmato, diffidando della doppia presenza degli umani. Allenta la presa, e la piccola antilope prova a drizzarsi sulle zampe lunghe e sottilissime, ma viene riafferrata e atterrata da una zampata sicura. I tentativi si ripetono, la preda e il suo rapitore avanzano di alcuni passi. L’antilope ansima sempre più, trema del battito del cuore. Ha il muso e i grandi occhi che sembrano esprimere un’attesa, la possibilità che qualcosa avvenga a salvarla, poi il terrore, una rassegnazione e forse una resa (non ne sono sicuro, benché abbia letto il Darwin de “L’espressione delle emozioni nell’uomo e negli animali”). Nessuno degli umani interviene, se non guardando e filmando. Finché il ghepardo ne ha abbastanza, addenta il collo dell’impala, e quando l’ha ben assicurata alle sue fauci riattraversa la strada e si ricongiunge a un suo famigliare.
La scena, già così lenta, dura più di 3 minuti – un’eternità. Chi guarda è inevitabilmente indotto a sperare che l’inerme antilope possa liberarsi e scampare. E a chiedersi se qualcuno degli animali umani in visita non stia per suonare il clacson, o mettere in moto, e sciolga quella presa che è già un’agonia. I commenti al video si dividevano accanitamente. E’ probabile che gli umani che visitano un luogo esotico per un safari, non più venatorio ma fotografico, siano ammaestrati a non interferire con le relazioni fra gli animali. E non si può disconoscere la necessità inesorabile di comportamenti cui è legata la sopravvivenza. E’ quello che chiamiamo la legge della natura. Si può pur sempre obiettare alla circostanza particolare. E’ “giusto”, perché è naturale, che un felino si nutra della carne di un’antilope. Ma qui il destino dell’antilope, di questa singola antilope, si gioca proprio sotto i nostri occhi, e un rumore o un movimento nostro basterebbero a salvarla. E’ un po’ come nella storia del samaritano, l’impala è diventata imprevedibilmente il nostro prossimo, e tuttavia il ghepardo non ha niente a che fare con i briganti che derubarono e bastonarono l’uomo sulla strada di Gerico. Siamo nel caso in cui l’uno e l’altra, il predatore e la preda, sono innocenti, e comunque non colpevoli. La discussione si sposta più modestamente sull’opportunità di esibire e guardare il video... E tuttavia un rovello resta: perché quello che abbiamo visto senza muovere un dito è il confronto per la vita e la morte, innocenti ambedue, ma fra un forte e un debole. E anche se si condivide il regolamento dei safari fotografici, si prova un sentimento confuso che somiglia a una vergogna.
C’è una domanda. Che cosa farebbero degli umani se si imbattessero in un loro simile, un animale umano, che sta ammazzando un altro animale, non perché ha fame e non sa fare altrimenti, ma per il suo divertimento? La risposta, statisticamente, la conosciamo.
Ci sono molte ragioni di angoscia rispetto al tema della Legge e dell’umanità (non mi riferisco ai miei personali conti, imperdonati). Io continuo a non capacitarmi dell’attitudine di tanti miei contemporanei nei confronti dell’Ucraina.
Gli umani sono una specie animale fra altre. Hanno stentato ad ammetterlo, hanno voluto occupare un posto diverso e privilegiato, di padroni dell’universo. Quando i nodi venivano al pettine, escogitavano la più varia accozzaglia di espedienti per preservare la propria unicità. Mi verrebbe da dire che gli umani si distinguono dagli altri animali per la mirabolante quantità di pretesti e illusioni che hanno escogitato per distinguersi dagli altri animali. E per mutilarsi del piacere della somiglianza, che vale altrettanto che il piacere della differenza. E’ anche per questo che guardo i video degli animali, specialmente quelli più curiosi e sorprendenti, quelli che mi fanno ridere e piangere perché mi somigliano. Animali e bambini sono il nostro specchio più vero, come sanno gli impresari e i testimoni delle guerre e degli altri sfaceli.
Ora: una differenza cui solennemente teniamo fra noi e gli altri animali riguarda la nostra domesticazione, quell’evoluzione che ci ha fatti uscire dallo stato di natura. La nostra legge non si accontenta più di essere la legge naturale, nella quale il più forte sopraffà e divora il più debole. Penso che il progresso, cioè la progressiva tutela assicurata al più debole nei confronti del più forte, sia il frutto di un lunghissimo cammino sussultorio e non di rado risospinto, come Sisifo, all’ingiù: un passo avanti due passi indietro. Veniamo al punto.
24 febbraio 2022: l’Ucraina viene invasa dalla soverchiante potenza militare della Russia.
Ci sono degli antecedenti. Infatti: l’intera storia umana è un antecedente del suo presente.
Nei paesi che vantano un’adesione allo stato di diritto, una meticolosa procedura fissa le condizioni che impediscano all’individuo più forte di schiacciare al suolo il più debole. O che consentano di punirlo quando l’abbia fatto. Sia la definizione che la pratica continuano ad avere le loro falle, anche scandalose: ma sono appunto trasgressioni. Non è permesso ad alcuno di farsi leopardo o lupo e di fare del proprio prossimo, della propria prossima, un’antilope o un agnello.
Ma intanto, c’è almeno un’attività umana (più precisamente: maschile – i due concetti, di umano e maschile, sono coincisi così a lungo, e solo di recente, e in pochi luoghi, si vanno separando), almeno un’attività umana, dunque, che continua a obbedire alla legge naturale, ed è la caccia. L’espressione “l’uomo è cacciatore” vuol dire che l’uomo è cacciatore di donne, e che l’uomo è cacciatore di altri animali. E nell’uno e nell’altro caso lo è secondo il criterio della forza, qualunque regolazione si sia preteso di dare al suo esercizio. L’uomo caccia e uccide gli altri animali selvatici esattamente come fa il ghepardo con l’impala, perché ha imparato a essere il più forte, quando non bastava trovando fuori da sé una forza armata da impiegare. Peggio, perché da tempo l’uomo ha cacciato per il proprio piacere e non per la propria sopravvivenza: e questo, di torturare e uccidere per gioco, fra gli animali non avviene se non in una misura ridottissima. Della guerra, si è detto acutamente che non è altro che la caccia all’uomo (e l’esercizio venatorio costituiva una forma essenziale di addestramento alla guerra). Fuori dal territorio, di uno stato o di un consesso fra stati disposti a cedere una parte della propria sovranità, la legge del più forte resta in vigore, e anzi riceve ai nostri giorni un nuovo incoraggiamento.
Al momento dell’invasione dell’Ucraina – non essendo lecito a nessuno negarla, nemmeno ai fautori delle attenuanti della Russia – molti contrari alla solidarietà attiva con la resistenza ucraina invocarono un argomento essenziale: la forza maggiore della Russia, che presto o tardi avrebbe prevalso. Col passare del tempo, e tanto più quando più la resistenza ucraina sembrava poter avere la meglio, l’argomento si rincarava evocando il ricorso russo all’atomica. Qui la maggior forza diventava automaticamente forza maggiore: non si può – così suona l’argomento – opporsi a una potenza nucleare, e figurarsi alla potenza più munita di armamenti nucleari di ogni calibro.
Dunque, l’avvertimento ai turisti dello zoo-safari – guardatevi dell’interferire con gli animali, spinti magari da malintesi sentimenti di compassione, perché turbereste l’equilibrio naturale – vale anche, anzi a maggior ragione, per gli spettatori della guerra d’Ucraina. La cui umanità, anzi, pretende di mostrarsi nella raccomandazione ai governanti del paese aggredito di arrendersi, per risparmiare a sé e alla propria gente l’inevitabile e inutile strage.
Nei rapporti fra gli stati, l’impala si faccia mangiare dal ghepardo, e regni la pace.