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Piccola Posta

"Mai più!" (o quasi). L'Europa manca di difese immunitarie contro i fascismi

Adriano Sofri

Il fascismo è un'invenzione europea e come tale è endemico nel Vecchio continente: lo dimostra la virata a destra che man mano sta avvolgendo tutti gli stati. E questo fenomeno suggerisce che questa tipologia di idee non cresca solo in tempi di guerra, ma che si sviluppi piano piano anche durante i tempi di pace

Che il fascismo sia stato una “creazione” europea è cosa passata in giudicato. Così come l’antisemitismo, che lo precede lo prepara e gli appartiene benché non in esclusiva. La questione di quanto il fascismo sia endemico in Europa è al contrario apertissima. Sotto i nostri occhi vanno scomparendo i capisaldi del Dopoguerra, che pretesero di consacrare un “mai più”. Due scompaiono più spettacolarmente, così da minare la nozione dell’“asse franco-tedesco”: l’idea, un ideale appassionatamente creduto, che la Germania avesse più sinceramente e lucidamente di tutti “fatto i suoi conti” col proprio passato, e il luogo comune che la Francia fosse immune da una ricaduta fascista, e che la sua insuperabile linea rossa coincidesse col nome di famiglia di Le Pen. Un caposaldo del Dopoguerra era anche la convinzione che gli Stati Uniti fossero largamente capaci di fomentare, alla bisogna, colpi di stato in casa d’altri, ma naturalmente alieni all’eventualità di sperimentare un colpo di stato in casa propria, se non a Hollywood.
 

Che l’Europa conosca un’avanzata di sentimenti, linguaggi e partiti variamente imparentati al fascismo è evidente, e non lo rende meno evidente la sottolineatura delle differenze. Il fascismo originario, e i fascismi in cui si incarnò, ebbero una incubazione prossima comune, la Prima guerra mondiale e, fra i suoi effetti, la rivoluzione sovietica. La deriva di destra e di estrema destra dei nostri giorni ha il suo fattore decisivo, paragonabile alla Prima guerra, benché non altrettanto precipitoso e traumatico, nell’immigrazione. La quale, rumorosamente e anche ossessivamente com’è stata trattata ormai da qualche decennio, è stata tuttavia sottovalutata. Il rilascio lento, per così dire, dei suoi effetti, si misura nel punto che proprio oggi ha raggiunto. Quando allo sgretolamento delle resistenze “democratiche” si oppongono espedienti di breve momento, così in Europa – dove uno schieramento “di centrosinistra” sconfitto alle elezioni ricorre a una (eventuale) maggioranza relativa residua per dilazionare il tracollo – come in Francia – dove al rischio incombente della maggioranza assoluta del partito neofascista si oppone un’adunata dei refrattari, un’accozzaglia di emergenza (sacrosanta, eh!) che provi anche qui ad assicurare un rinvio dell’esecuzione. Intanto, la soglia del primo posto, e di gran lunga, al partito neofascista è stata varcata (in Germania siamo ancora al secondo posto appena conquistato, e da un partito così affezionato al nazismo da essere bandito dall’estrema destra meno estrema, commedia buffa).
 

Questo processo segnala una vera, profonda e cruciale differenza dall’avvento dei fascismi nell’Europa degli anni 20 e 30. Quello aveva conosciuto e coltivato un’esperienza rivoluzionaria. Era stato anche, aveva voluto essere anche, una “rivoluzione”. E aveva praticato una rottura violenta. La congerie di partiti e movimenti neofascisti di oggi è il frutto tutt’altro che maturato di una evoluzione. Di un evoluzionismo piuttosto che di un rivoluzionismo, di un procedere per salti. Marine Le Pen, che vede il frutto dell’Eliseo a portata di mano, sarà alla sua quarta elezione presidenziale, e l’uomo di cui porta il cognome arrivò al ballottaggio presidenziale già nel 2002. Le cose italiane non sono andate molto diversamente. Il tempo ha lavorato per i neofascismi: il tempo, e la democrazia. Quasi ottant’anni dopo la fine della Seconda guerra, i “mai più” pronunciati solennemente e sinceramente allora sono arrivati a scadenza. Fascismo mai più, mai più Auschwitz, mai più Hiroshima. Mai più voleva dire un’ottantina d’anni, o giù di lì. Un movimento lento, che si fa più veloce avvicinandosi alla sua fine.
 

Se questo è vero, se il fascismo, i fascismi, le loro tensioni e le loro tentazioni non sono necessariamente legate a una rottura di passo, come esemplarmente una guerra, ma sanno crescere pazientemente e ostinatamente nel grembo confortevole delle paci, e se non hanno un nemico armato o un fantasma di nemico dritto di fronte sanno trovarsene uno o due inermi, allora il fascismo, i fascismi, sono endemici in Europa. Non sono l’Europa, così come un virus non è l’organismo nel quale entra e si riproduce. E però quell’organismo ha un drammatico problema di difese immunitarie.

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