Piccola Posta
Qualche dubbio su Biden che dice di "essere" la prima vicepresidente di colore degli Usa
In un'intervista il presidente sembra straparlare, confondendo il verbo avere con il verbo essere. La sua capricciosa vanità è divenuta la pacchia della satira: di colpo la correttezza politica è andata a quel paese e l'Alzheimer è di nuovo una cosa da morire dalle risate
A quanto pare, Joe Biden ora ha anche detto di essere la prima vicepresidente di colore degli Stati Uniti d’America, e di esserne fiero. (Ho ascoltato, ho qualche dubbio, forse era solo il lapsus fra “sono” e “ho”). Non ho esitazioni a dire quanto inconsulta sia l’ostinazione di Biden a tenersi la ricandidatura, e la viltà della sua corte nel compiacerlo. L’ho pensato e scritto fin dalla sua benedetta vittoria contro Trump, ed era ovvio pensarlo. Più facile per me, che sono coetaneo di Biden, anzi più vecchio di tre mesi e mezzo, non poco, e immaginare di essere presidente degli Stati Uniti per i prossimi quattro anni e passa mi pare un incubo. Sono abituato ad andare a dormire ogni volta che capita, e del resto è il programma che lo stesso Biden ha annunciato di voler perseguire. Aveva promesso di impegnarsi per un solo mandato. Poi ha cambiato idea, e già questo doveva bastare a mostrarne l’inadeguatezza. All’età nostra, di Biden e mia, si possono avere una quantità di capricci. Possiamo fare qualcosa per la prima volta: io ho appena nuotato nel Mar Nero. Ci possiamo innamorare, ma senza pretendere di essere ricambiati.
Per lui è più dura perché deve rinunciare alla valigetta nucleare e, innamorato o no, ce l’ha già, ed è ridiventata così attuale. Un presidente intelligente e navigato come lui doveva impiegare senza riserve il suo quadriennio, e dedicare un impegno metodico alla preparazione e alla promozione di una (o, peggio, un) successora. Non solo non l’ha fatto, ma ha agito, lui e i suoi, in modo da oscurare le qualità della sua vicepresidente, così che oggi ci si chiede se sia stata slealmente tenuta all’ombra o se sia un’ombra di suo. Tendo a credere che in Biden prevalga un infantilismo – chiamiamo infantili le nostre debolezze, a qualunque età infieriscano – e dunque una capricciosa vanità. Noi vecchi, Biden e io, abbiamo due modi di vendicarcene. O esagerando le vanterie sul nostro rimbambimento, in modo da far dire: "Ma no, non sei affatto tanto rimbambito – così io – o vantando furiosamente di non essere rimbambiti affatto, e di essere solo un po’ provati dal jet lag – così lui – e di farsene certificare dallo staff". Nell’uno e nell’altro caso, la parola d’ordine dev’essere la stessa: Dormire. Dormire, sognar forse. Dunque cedere il passo.
Detto questo – ridetto – vorrei spendere anch’io qualche parola sulla voluttà con la quale una parte consistente del nostro prossimo va infierendo su Biden quale esemplare di vecchio rincoglionito. Di colpo (colpa anche sua, certo) la correttezza politica è andata a quel paese, e pure la semplice aderenza alla realtà. L’Alzheimer è di nuovo (sembrava che se ne fosse imparato qualcosa, fra libri, film, esperienze personali) una cosa buffa, divertentissima, da morire dalle risate; e non c’entra. E il deambulatore con lo stemma della Casa Bianca, quella Casa Bianca cui Franklin Delano Roosevelt, New Deal, Seconda guerra mondiale (e atomica), arrivò camminando dentro un’imbragatura d’acciaio, e in cui si muoveva in sedia a rotelle. La pacchia della satira e dei vignettisti. Essere così avanti nell’età permette anche di riconoscere il vecchio cattivo odore nelle spiritose cose fresche. Da giorni la trovata di apertura del Fatto e della Verità è l’irresistibile “Rimbambiden”. (Un autore ne ha tratto il titolo del suo libro istantaneo dedicato a strafalcioni e cantonate di Biden, povero – l’autore). Un marchio di fabbrica, quello del “Borghese”, nei suoi momenti migliori.