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Un romanzo della lotta per la casa che fa da contraltare al romanzo criminale

Adriano Sofri

Bruno Fusciardi scrive “Ma noi non potevamo aspettare più”, un po’ manuale militante, un po’ Spoon River. “Il diritto alla casa è ’na lotta riformista… Noi eravamo rivoluzionari de una riforma che nun veniva fatta, pe’ fa’ sì che le case venivano vendute a prezzi alti”

Si è sempre investito molto nell’intento di rendere malfamate le lotte per la casa. Ogni tanto arriva un cardinale polacco, peraltro Elemosiniere del Papa, e riattacca la luce, poi si riseppellisce tutto. La talpa però non smette. Deve averla sentita scavare anche von der Leyen che ieri ha deciso di riservare alla casa, sotto la dicitura lotta europea al caro affitti, una parte inedita delle sue promesse. In Italia c’è stato un forte e intelligente, coraggioso e spiritoso, movimento per la casa. Se n’è riparlato ora, e volentieri sproloquiato, a proposito di Ilaria Salis, occupante abusata di una cella di galera a Budapest, già occupante abusiva di casa a Milano, insolvente e ladra di aventi bisogno e diritto, e finalmente occupante legittima di un seggio al Parlamento europeo. In questo campo ho una medaglietta: nel 1970 fui incarcerato con Laura Derossi e Giuliano Mochi Sismondi alle Nuove di Torino. Per una manifestazione di senza casa davanti al comune. Fu un vero imbarazzo: non avevo parte nel movimento per la casa, non avevo partecipato alla manifestazione e non ne avevo nemmeno avuto notizia. Così i miei coimputati. Dopo pochi mesi, il tempo per me di essere trasferito dai sotterranei delle Nuove all’ergastolo di Saluzzo, e al rientro di co-promuovere una favolosa ribellione carceraria, uscimmo in direttissima per non aver commesso il fatto. Fine del mio meschino contributo. Mauro Rostagno portò gli occupanti di Palermo in cattedrale, e anche quella volta un cardinale fraternizzò. Altre e altri dedicarono gran parte della propria vita, non di rado a un costo molto alto, alle lotte per la casa.

E ora uno di loro, Bruno Fusciardi, fa uscire un libro di memorie e storia della lotta per la casa a Roma, “Ma noi non potevamo aspettare più” (Editpress, pp. 244, 20 euro). Esce in una collana di storia orale, diretta da Gabriella Gribaudi con un autorevole e numeroso comitato scientifico in cui non poteva mancare Alessandro Portelli. I capitoli principali sono la fedele trascrizione delle conversazioni fra Fusciardi e alcuni protagonisti del movimento, a cominciare da quel gran Renato Fattorini (e la sua Betta) che ne è la memoria vivente: la prima occupazione promossa da lui è del 1963 alla Borgata Gordiani, la seconda nel 1964 a San Basilio, e poi… “So’ annato all’Unità e ho detto: ‘Noi stamo a Borgata Gordiani e stanotte annamo a occupa’”. Er giornalista: ‘Dove?’ Sì, mo je dicevo dove…” La lettura è magnifica, e la dedizione alla storia orale lealmente praticata ne esce smagliante. Vi si trovano le risposte all’obiezione per cui gli occupanti tolgono la casa a chi ne ha diritto ed è in coda. La dimostrazione delle speculazioni sulle case popolari lasciate andare in malora per liberarle dagli inquilini e far arrivare i palazzinari. “Il diritto alla casa è ’na lotta riformista… Noi eravamo rivoluzionari de una riforma che nun veniva fatta, pe’ fa’ sì che le case venivano vendute a prezzi alti”. Era stato socialista su mandato comunista, il giovane Fattorini, ragionava e ragiona come Matteotti. Dell’epopea delle lotte alla Magliana, spogliata di ogni retorica, Fusciardi parla con altri protagonisti, Antonio Molinari, architetto dei poveracci e pittore che “andava pe’ borghetti”, e sua moglie Delia Landi, “l’amica di tutti ma non te la mandava a dire”, morti purtroppo ambedue precocemente mentre le conversazioni si svolgevano, e con Mimmo Cecchini, che tanti anni dopo sarebbe stato l’assessore all’urbanistica con Rutelli – e il dolore “che si è voluto sporcare il quartiere affibbiandone il nome alla banda della Magliana”. “Il periodo più bello di Straccio è stato all’Acquedotto Felice dove era l’attrazione dei travestiti…”.

Un po’ manuale militante, un po’ Spoon River. Il romanzo della lotta per la casa, il contraltare al romanzo criminale, una miriade di voci lingue storie – e facce anche, grazie alle fotografie di famiglie e a quelle di Tano D’Amico. Giulia Zitelli Conti, studiosa illustre di storia orale, ha collaborato alla ricerca e l’ha arricchita di una storia della lotta per la casa a Roma nel secondo Dopoguerra. Raccomando molto caldamente la lettura. La raccomando altrettanto caldamente, sul serio, a chi con quella storia non ha avuto niente a che fare e crede di non volerci avere niente a che fare. Ai proprietari, per così dire. C’è molta brava gente che non ha voglia di spingersi dove non si tocca: non sa che cosa perde.

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