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I nomi delle strade di Odessa e il nazionalismo chiamato a risarcire della difficoltà del paese

Adriano Sofri

Una misura d’autorità militare, presa quando probabilmente più della metà della popolazione della città è sfollata o rifugiata all’estero, è un’evidente forzatura. E i sondaggi mostrano come il cambio non sia gradito ai cittadini

La nostalgia è un tratto essenziale di Odessa, non c’era bisogno di rinfocolarla. Ho scritto ieri della massiccia degradazione sul campo dei nomi delle strade di Odessa (anche di altre città) decisa dall’amministrazione militare e contrastata dal municipio cittadino. Il sondaggio su Telegram indetto dal sindaco, Gennadij Trukhanov, che aveva registrato all’inizio una leggera maggioranza in favore del cambio, corrispondente al voto nazionalista più organizzato, è stato chiuso dopo aver raccolto 189 mila voti, dei quali 95.278 contrari al cambio, 93.641 favorevoli. Dunque con una maggioranza di 1.603 voti contrari, come ha sottolineato il sindaco. (Il quale ha ironicamente ringraziato i votanti di altre regioni, zelanti fautori del cambio).

Nello stesso tempo si erano indetti senza ufficialità altri sondaggi sui canali Telegram, che hanno registrato mediamente una maggioranza del 70 per cento dei votanti contro il cambio. E resta il fatto che una misura d’autorità militare, sul fondamento della legge cosiddetta di “decolonizzazione”, presa in una annosa condizione di guerra, e quando probabilmente più della metà della popolazione della città è sfollata o rifugiata all’estero, è un’evidente forzatura. E fa pensare che il nazionalismo sia chiamato a risarcire della difficoltà del paese, dove si combatte tenacemente e dove si resiste nella durezza della vita quotidiana. E non manca una punta di grottesco nel pronto adeguamento di mappe digitali e di autopubbliche, con la gente che le guarda chiedendosi dove si trovi e dove stia andando. Dove stia andando, soprattutto.

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