Ansa

piccola posta

Non smettiamo di parlare di Ksenia, imprigionata in Russia per una donazione

Adriano Sofri

Dodici anni di carcere per aver versato 51,80 dollari a un’associazione di assistenza all’Ucraina. Una settimana dopo la sentenza, non se ne parla più. Di Ksenia come di altri travolti da avvenimenti tragici, ma non abbastanza da smettere di essere grotteschi

È passata una settimana da quando una giovane donna, Ksenia Karelina, è stata condannata a 12 (dodici) anni di galera da un tribunale russo, per tradimento. Ksenia, 32 anni, “ballerina dilettante”, dicono bizzarramente alcune cronache, “di professione ballerina”, altre, ha sposato un cittadino americano e ha la doppia cittadinanza statunitense e russa. Residente a Los Angeles, era venuta a far visita ai famigliari a Ekaterinenburg quando, lo scorso febbraio, era stata arrestata. L’imputazione: aver sottoscritto, negli Stati Uniti, una pubblica donazione di 51,80 dollari a un’associazione di assistenza all’Ucraina, “Razom”, il giorno dopo l’invasione russa, il 25 febbraio 2022. Dopo mesi di detenzione, è stata processata “a porte chiuse”. Il pubblico accusatore ha chiesto la condanna a 15 anni. La corte, in un accesso di indulgenza, gliene ha inflitti 12.

L’FSB, la sigla erede del KGB, ha certificato che il denaro versato da Karelina sarebbe stato impiegato “per acquistare forniture mediche tattiche, armi e munizioni per le forze armate di Kiev”. L’organizzazione “Razom” ha negato di aver mai partecipato all’acquisto di armi e munizioni. In tribunale, Karelina ha “confessato” il versamento dei 51,80 dollari, e ha detto di essersi proposta di aiutare le vittime del conflitto di ciascuna parte. Il suo difensore ha annunciato ricorso. Ne scrivo oggi perché, com’era ovvio, una settimana dopo, non se ne parla più. Di Ksenia come di tante altre persone travolte da avvenimenti tragici, ma non abbastanza da smettere di essere grotteschi.

In genere tra i galeotti e le galeotte c’è qualche curiosità di sapere perché il proprio prossimo ci è finito. Le prossime di Ksenia conoscono la cifra della sua donazione: chissà se pensano che sia una vittima della ottusa spietatezza del regime, o una cretina. Come quando si legge sulle civette dei quotidiani: “Spaccano un bancomat per soli 37 euro”, come a dire che siamo al di sotto del minimo ragionevole. Ksenia ha incassato un anno di galera dura per ogni 4 dollari virgola elargiti. Lei forse si dice che ha fatto uno sbaglio, non doveva lasciarsi commuovere da quel banchetto stradale. Forse si dice che doveva dare di più. Forse niente di tutto questo, sta lì, in cella, in uniforme, obbediente, chiedendosi quando il dispotismo orientale che l’ha presa in ostaggio avrà interesse a un nuovo scambio di prigionieri: una ballerina da 51,80 dollari per un sicario di pregio o una spia di rango. In tribunale, dietro il vetro della gabbia degli imputati, il bel viso di Karelina sorrideva. Per l’occidente collettivo, sarà comunque un affare.

Di più su questi argomenti: