piccola posta
A Trieste c'è un Museo della bora, quella "chiara e scura" di Umberto Saba
È sorto e dura per iniziativa di Rino Lombardi, è fatto di una sola stanza in città, in via Belpoggio, e di una filiale a Opicina, sul Carso. Lombardi cominciò nel 1999 mettendo in scatola qualche refolo di bora certificato dall’etichetta
A Trieste c’è un Museo della bora - Magazzino dei venti. Non l’ho visitato, ne leggo in rete. Ha vent’anni, è sorto e dura per iniziativa di Rino Lombardi, è fatto di una sola stanza in città, in via Belpoggio, e di una filiale a Opicina, sul Carso appena sopra la città. Lombardi, “copywriter di mestiere”, cominciò nel 1999 mettendo in scatola qualche refolo di bora certificato dall’etichetta. Poi cominciò ad accumulare libri, gemellaggi di luoghi ventosi, confezioni di venti dei quattro angoli del mondo, feste di girandole, e visitatori, specialmente bambini.
Me ne sono incuriosito perché i miei amici competenti mi spiegano che la forza della bora si va notevolmente riducendo, per effetto del generale cambiamento del clima, e con effetti rilevanti sulla condizione dell’Adriatico e dell’intero Mediterraneo, che è un mare chiuso particolarmente sensibile alle variazioni. La riduzione della bora comporta la riduzione del raffreddamento dell’acqua - le mucillagini che hanno riempito le cronache estive ne sono un sintomo - e un indebolimento dell’incontro di correnti scese dall’Adriatico e venute dal Levante nello Ionio. Nel quale una recente misurazione - delle sempre più rare e avare ricognizioni scientifiche - ha segnalato un aumento di due gradi della salinità, al 41 per mille. Cui contribuisce anche la siccità: la rarefazione delle piogge e l’assenza di nuvole, a fare da schermo all’insolazione, sono altri fattore di riscaldamento dell’acqua e di anossia, di moltiplicazione delle alghe e di rarefazione delle condizioni di vita sottomarina.
Così la bora - che, come ricorda il Magazzino di Lombardi, fu definita da Stendhal “abominevole” - diventa progressivamente un vero soggetto museale, da affidare alla memoria. Il Museo ha inaugurato anche un progetto “Altri tempi - Testimoni del clima”, che invita a raccontare il proprio ricordo della bora. Com’era. La città della bora e dei matti. Uno dei testimoni è Umberto Saba.
“Conosco la bora,
chiara e scura,
la detesto quando scende fuori misura
con cielo sereno.
Amo l’altra
che ha una buia violenza cattiva.
Io devo recuperare la bora
oppure qui affondare
nel mio paese natale
nella mia triste Trieste
nella mia Trieste triste
che amare è impossibile
e odiare anche”.