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piccola posta

Un corto circuito tra storia degli umani e storia naturale. Valencia, Gaza, Ucraina e demografia

Adriano Sofri

Guerra e catastrofe climatica si somigliano, tanto più dopo che la seconda ha preso a dipendere dal genere umano, nonostanti i minimizzatori

Leggevo i dettagli della dichiarazione del segretario del Consiglio per la Sicurezza nazionale e la Difesa dell’Ucraina, Oleksandr Lytvynenko, sull’arruolamento di 160 mila nuovi soldati ucraini nei prossimi sei mesi. Poi ho acceso un telegiornale, mostrava la spaventosa alluvione della provincia di Valencia. Diceva che il governo di Sánchez aveva mobilitato mille militari per i soccorsi. Le due notizie si guardavano in cagnesco, come in una sfida. La differenza sembrava enorme, mille mobilitati a Valencia, 160 volte tanti in Ucraina. Ma avvertiva solo di una gara col tempo. Guerra e catastrofe climatica si somigliano, tanto più dopo che la seconda ha preso a dipendere dal genere umano, nonostanti i minimizzatori. Già re del creato, promosso suo liquidatore testamentario.

La guerra è più veloce. Sta all’estinzione della vita come un incidente stradale mortale alle bronchiti croniche per l’inquinamento. Vuole arrivare prima, la guerra. Fa affidamento sulle atomiche. Il tg andava avanti, trovava uno spazio per i soldati nordcoreani, forze speciale e truppe ordinarie, 11 mila forse, spedite in Russia, le avanguardie già alle soglie del Kursk. Diceva che si compongono di soldati di vent’anni, mediamente, con alcuni adolescenti. Il servizio militare maschile nella Corea del nord comincia a 17 anni e finisce a 30. Quello ucraino è stato abbassato dai 27 ai 25 anni in maggio, e l’età media, si è detto tante volte, supera i 40 anni. Il tg mostrava distrattamente, senza didascalie, qualche reclutamento forzato all’uscita di un bar. Altrettante occasioni per riflettere sulle differenze. L’Ucraina sacrifica alla resistenza all’aggressione russa il proprio futuro demografico. Fra i 7 e gli 8 milioni di profughi e fuorusciti, una carenza di giovani maschi, un collasso della natalità. La demografia, come il clima di una volta, era così lenta a muoversi che sembrava star ferma. Come la natura – “Sta natura ognor verde, anzi procede / Per sì lungo cammino, / Che sembra star. Caggiono i regni intanto, Passan genti e linguaggi: ella nol vede...” (è Leopardi, “La ginestra”). Ora minaccia di cancellare una popolazione nel giro di poche generazioni.

E nel corto circuito tra storia degli umani e storia naturale le guerre rivaleggiano con le pandemie. A Gaza per esempio, dove le dispute sul numero vero di morti e feriti non cambiano di molto la questione, che già incide, e ancora più per gli effetti a venire, sulla demografia palestinese, si vorrebbe chiedere a chi sostiene a oltranza il diritto di Israele all’autodifesa se ci sia una cifra di morti e mutilati oltre la quale non la sosterrà più – se ci sia un limite. Per ora si direbbe di no, dal momento che il tg riferisce della possibilità che colloqui che potrebbero portare a un negoziato potrebbero essere in corso di nuovo e che intanto il bombardamento di ieri ha fatto un altro centinaio di vittime, molte donne e bambini, però forse meno di cento, comprese donne e bambini. Altro che occhio per occhio e amore per il prossimo: mors tua vita mea.

I nordcoreani – coi quali i russi fanno smaglianti esercitazioni nucleari, niente da stupirsi, noi sappiamo di alleanze affettuose di mafia e ’ndrangheta – stanno forse per entrare a combattere. Rutte, per la Nato, ha detto che la novità è grossa, e secondo lui autorizza l’Ucraina a colpire in territorio russo, deep. Biden ha detto qualcosa del genere, ma è stato più preciso nell’ammonire nordcoreani e Mosca: se le truppe nordcoreane avanzassero in territorio ucraino… La clausola restata implicita è che il Kursk non è territorio ucraino.

Ancora quattro giorni, e si sarà votato negli Usa. Fino ad allora almeno, “L’è el dì di Mort, alegher!” (“E’ il giorno dei morti, allegri”, Delio Tessa, Caporetto 1917).

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