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Oltre 2.000 droni spediti dai russi sull'Ucraina in ottobre. E un brutto piano per il dopo

Adriano Sofri

Trump ha appena esclamato che russi e ucraini devono piantarla. Ci (ri)penserà lui. Non ha detto come, naturalmente. Ma un piano consisterebbe nel lasciare a Putin quello che si è già preso

Una settimana fa i giornali, sulla scia del Wall Street Journal, si sono riempiti di titoli sull’invio di 500 missili dagli Usa all’Ucraina. Spiegavano che l’Amministrazione Biden voleva anticipare la fornitura di armamenti, prima dell’avvento di Trump. A leggerla bene, la notizia era che gli Usa hanno promesso l’invio di quei missili, “nelle prossime settimane”. A leggerla meglio, si trattava di missili “intercettori”, per i sistemi di difesa a medio raggio Nasams e Patriot: dunque per la difesa antiaerea, le armi più tipicamente difensive. Ieri leggevo che nel solo mese di ottobre appena trascorso l’esercito russo ha spedito sull’Ucraina 2.023 droni, per la stragrande maggioranza Shahed (i martiri del martirio altrui) importati dall’Iran. L’antiaerea ucraina ne ha abbattuti 1.185. Cioè, per vederne l’altra faccia, sono andati a segno 838 droni: poco meno di una trentina al giorno. Di quelli intercettati, i detriti cadono comunque spesso sulle case e sulla gente. Gli Shahed possono pesare un paio di quintali e portano 45 kg di esplosivo. Non sono missili, né per potenza né per velocità, ma costano poco e possono oscurare il cielo, per così dire. Hanno una gittata tra i 1.700 e i 2.500 km: per intenderci, Venezia – un boccone ghiotto in una prossima guerra dei – è a 1.400 km da Kyiv. Possono quasi andare e tornare. Poi ci sono i missili russi. Ecco: ora possiamo valutare più concretamente che cosa vuol dire la fornitura di 500 missili intercettori.

Si è detto che nella telefonata fra i vecchi amiconi Trump e Putin, il primo avrebbe ammonito (!) il secondo a non rincarare la dose degli attacchi all’Ucraina, ricordandogli che gli americani hanno un bel po’ di forze armate dislocate in Europa. All’indomani, che fosse in omaggio alla tenzone fra maschi immaturi eccitata dalla raccomandazione di Trump, o semplicemente per il proposito di fare più tavola rasa che mai per l’inverno che avanza, l’esercito russo ha intensificato gli attacchi su Kyiv, su Kharkiv, Sumy, Kherson, Mykolaiv, Kryvyi Rih, Odessa… A Odessa, hanno preso di mira un’altra volta il centro, gli edifici di abitazione, la piazza della cattedrale già bombardata in pieno transetto, sulla quale è appesa, come un galletto segnavento, la solenne promessa di ricostruzione dell’Unesco e in particolare dell’Italia.

Questa è la situazione dell’Ucraina, anche lontano dai fronti, in cui si combatte palmo a palmo – uno a cinque o più, variante squilibrata del proverbiale uomo a uomo. E dove, alla asimmetria dei russi che bombardano ogni angolo d’Ucraina e degli ucraini cui è vietato di colpire con armi alleate l’interno russo da cui partono gli attacchi, si è aggiunta, senza colpo ferire, l’asimmetria delle forze armate nordcoreane messe in campo accanto alle russe, mentre i leader occidentali giurano sul loro dio che mai e poi mai un loro soldato calcherà il suolo dell’Ucraina invasa. All’ovest niente di nuovo.

In compenso, Trump ha appena esclamato che russi e ucraini devono piantarla. Ci (ri)penserà lui. Non ha detto come, naturalmente. Dichiarazione corredata da una fioritura di interpretazioni – si è appena detto che entro qualche mese l’Ucraina avrebbe l’arma nucleare, che è già pronto un benservito a Zelensky, che… E che un piano consisterebbe nel lasciare a Putin quello che si è già preso, e all’Ucraina mutilata si assicurerebbe una protezione, in cambio delle materie prime che riserverebbe ai paesi amici, e all’avanzo di speciale materia prima, i suoi combattenti temprati, i superstiti da tre anni di guerra, che sostituirebbero le truppe della Nato in Europa. Gran bel mercato.

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