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Caro Sandro Veronesi, con il tuo "Settembre nero" ho riascoltato Belafonte

Adriano Sofri

Un'impressione dal romanzo: puoi scrivere di un bambino se sei diventato un uomo così calmo e generoso e appena apprensivo da ricordare com’era essere bambino e mettergli una mano sulla spalla

Caro Sandro Veronesi, leggevo il tuo Settembre nero e facevo l’elenco delle cose che abbiamo in comune, io e Gigio Bellandi, dunque un po’ anche io e te. La Versilia, e più largamente il litorale, da Bocca di Magra a Baratti, il marmo, Vinci e specialmente Ginestra Fiorentina, a due passi, forse l’ho incontrato lo zio Giotti, quella specie di Mr. Dick (niente paura, è l’unico cenno al Copperfield), e poi le storie, la pineta di Vecchiano, le Olimpiadi di Monaco… Con una generazione di differenza, però. Quando Gigio ha dodici anni io ne ho trenta. Harry Belafonte infatti era l’idolo della madre di Astel, una mia seducente coetanea. A quel punto, a pagina 183, dopo che Gigio e Astel hanno ascoltato la Scarlet Ribbons di Belafonte sul mangiadischi e lui le ha toccato i capelli e anche lei, ma lei non per la prima volta, ho interrotto e sono andato a cercare su YouTube. Il fatto è che mi ero accorto di saperla a memoria, una gran parte, ma di non aver mai badato alla storia. Così, letta la traduzione di Gigio ho riascoltato la storia del miracolo dei nastri rossi da Belafonte e dai Browns e da Perry Como (col sospetto di averla sentita da lui la prima volta, o da Doris Day…). Benché non ricordi di essermi mai impegnato a imparare a memoria le parole di una canzone nella mia adolescenza e nella prima gioventù, a gran differenza che per le preghiere e le poesie, da vecchio scopro di saperne a memoria una quantità sterminata, fino ai primi anni ‘70, direi, poi niente più, tranne alcune cui mi sarei dedicato di proposito. Erano nell’aria. Bellissimo il tuo libro. Mi pare che si possa scrivere di un bambino, o di una bambina (l’hai fatto molte volte) a due condizioni, di aver conservato un’anima di bambino in un corpo d’uomo, o di essere diventato un uomo così calmo e generoso e appena apprensivo da ricordare com’era essere bambino e mettergli una mano sulla spalla, che è l’impressione che mi fai questa volta. Scrivendo insieme un altro romanzo storico, e una magnifica storia d’amore, come un amore del gran Meaulnes da piccolo, raccontato dallo stesso Meaulnes da molto grande. Gli ulivi sono in pena quest’anno, e in certe mattine chiare da Viareggio si vede l’Albania. Ti saluto, marinaio.

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