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piccola posta

Basta andare a Vagli Sotto per trovare statue ingloriose

Adriano Sofri

Il comune nelle Alpi Apuane ha una sua industria del marmo per la promozione della quale commissiona statue di personaggi contemporanei. Fra i quali spiccano, costruite al costo di 170 mila euro ciascuna, quelle di Trump e di Putin

Oppresso com’ero dal nome di disonore, sono stato rimandato ieri al comune di Vagli Sotto, più di mille abitanti, nelle Alpi Apuane della Garfagnana. 10 km in linea d’aria da Sant’Anna di Stazzema. Il suo lago artificiale sommerse nel 1947 il paese di Fabbriche di Careggine, e ogni tanto lo svuotamento lo riporta alla luce. Non è l’unica attrazione di Vagli, che ha un suo Ponte Morandi, e una sua passerella tibetana. E un sindaco, Mario Puglia (1949), appena meno longevo in carica di Vladimir Putin: eletto nel 2004, dovette cedere il posto a un suo Medvedev per un turno, e l’anno scorso è stato rieletto (in assenza di una lista di opposizione, se non una di comodo neofascista) con l’89 virgola 75 per cento dei voti – nello stesso anno Putin è stato rieletto con appena l’88,48 per cento. Apartitico, cioè di destra, Puglia si è distinto in varie occasioni, la più sgradevole l’anno scorso, la condanna in primo grado a tre anni (e 300 mila euro di risarcimento e 5 anni di interdizione ai pubblici uffici, non effettiva) per aver falsificato i documenti in base ai quali ha percepito una pensione di invalidità civile. Vagli ha una sua industria del marmo, fortemente e vanamente contestata, per la promozione della quale, e del turismo, commissiona statue, un equivalente marmoreo dei Musei delle cere, di personaggi contemporanei. Fra i quali spiccano, costruite al costo di 170 mila euro ciascuna, se ho capito bene, le due statue di Donald Trump e di Putin: soprattutto la seconda piuttosto colossale, su un altissimo piedistallo – tre o quattro volte un uomo più comune, a occhio e croce. 

Quasi tre anni fa, all’indomani dell’invasione dell’Ucraina, una parte della cittadinanza reclamò la distruzione della statua: qualcuno avrebbe voluto buttarla nel lago – ma poi sarebbe ricomparsa, come Fabbriche di Careggine, al prossimo svuotamento- qualcuno di sbriciolarla, il segretario del Pd di farci passare sopra un carro armato, come aveva appena visto fare al tank russo che vicino a Bucha aveva schiacciato un’auto con il guidatore ucraino a bordo. In un breve imbarazzo, Puglia ripiegò annunciando che avrebbe trasferito la statua nel “Parco dell’onore e del disonore”, nel lato disonore, insieme a quelle opposte di Schettino e De Falco, dei marò pugliesi, eccetera. Nelle more, la faccia di Putin veniva nottetempo verniciata di rosso o dei colori gialloblu dell’Ucraina. Restò dov’era, e ricevette, ancora due mesi fa, la visita dell’ambasciatore russo, pubblica alla statua del giovane tenente russo Aleksandr Prochorenko, che si sacrificò in battaglia contro l’Isis a Palmira, e privata al suo capo del Cremlino, compreso il discorso sulle “migliaia di militari russi impegnati a replicare le gesta eroiche compiute dai loro antenati, che stanno bruciando e facendo esplodere i mezzi blindati, i carri armati e le unità di artiglieria della Nato”.

Ecco, non c’era bisogno di andare tanto lontano in un giorno del disonore. Aveva provveduto per tempo il governo del magnifico comune alpestre di Vagli Sotto, Putin e Trump, di Musk non potevano ancora sapere. I grandi non hanno fatto che seguirne, con passo tardo, l’esempio.

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