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LaPresse
Non sperate (per ora) nell'America delle libertà
Nessuna illusione sul prossimo risveglio degli Stati Uniti democratici e liberali: i tempi bui cui il mondo sta assistendo sono destinati a durare. Era già tutto previsto, forse
L’esistenza insonne di Zelensky gli aveva impedito di trovare sul cuscino la testa di cavallo mozzata, fino a mercoledì pomeriggio. Quando gli hanno detto che non avrebbe dovuto muovere guerra alla Russia, fare “milioni di morti”, e che è un comico da strapazzo. Ora la testa del cavallo toglie il sonno all’Europa intera, e a qualche altro pezzo di mondo in bilico. Ne vedrete delle belle, cari miei – si dice così, per dire delle bruttissime – a differenza di quelli di noi che non ne avranno il tempo. A futura memoria, voglio dire che solo la metà degli Stati Uniti d’America oggi battuta e tramortita potrà forse riscattare la china presa dalla storia del mondo. L’Europa, ammesso che sapesse fare la sua parte, spes contra spem, avrebbe comunque bisogno di quella sponda. Non può succedere presto, a meno di una Pearl Harbor, che non si sa immaginare, e che si vuole scongiurare.
L’America delle libertà non sarà risvegliata dalla svendita dell’Ucraina né dal tifo per l’AfD, non sono il suo affare primario, ed è probabile che per un bel po’ se ne stia a curare le ferite in altrettante nicchie di esilio interno. Intanto i tempi bui correranno pressoché indisturbati, e il mondo sperimenterà la sua guerra fredda alla rovescia, l’alleanza (altro che coesistenza pacifica) fra Usa e Russia, e una sovrintendenza cinese.
Ora, a parte l’esultanza dei servi in servizio permanente effettivo, pronti a passare all’incasso, e la disponibilità dei pieghevoli, per i quali l’incontro di Riad vale un giuramento al regime, c’è un coro di constatazioni di decesso dell’occidente. Con tanto di scandalo, reale o simulato: che l’occidente, sinonimo di un tramonto senza fine, come in certi rossi viaggi in aereo tra i continenti, cadesse morto ammazzato da un giorno all’altro, è troppo per un’abitudine benpensante. C’era un titolo, tanto tempo fa, non so più se di radio o di tv: “Ascolta, si fa sera”. Cosa di religiosi. Guardavo il telegiornale in cui Mentana annunciava senza riserve il capitombolo del mondo in cui credevamo di vivere. S’era fatta notte. Poi ho guardato “8 e mezzo”. Nel mio presepio c’è un varco in un muro, e a cavallo del muro diroccato la giovane Gruber, mentre sotto scorre il fiume della gente senza numero. Era l’ora della felicità, e infelici coloro che la vissero come un lutto. Era un’ora di gala, la più appropriata a definire l’occidente, perché quella gente correva irresistibilmente da un est carcerario a un ovest di luci e suoni. Berlino est, e tutto il resto, sapeva che cosa fosse occidente, aveva una bussola d’ordinanza. Gruber ha ospitato per anni il livido comiziante che insultava Zelensky tiranno, corrotto e attorucolo, l’Ucraina nazista, e illustrava Putin assediato dalla Nato, Mattarella guerrafondaio. E l’AfD, che cosa c’è di più ragionevole che quella reazione popolare? Quando delicatamente Gruber lo interrompeva per suggerire che non si potesse mettere Biden e Trump sullo stesso piano, quello replicava che no, infatti, mille volte meglio Trump. Come dall’altroieri il ventriloquente Conte.
Li abbiamo preparati, Trump e Musk e Vance, li abbiamo aspettati. Possiamo prendere ancora un tono costernato, come chi non li abbia sentiti arrivare. E’ uno scherzo, tutto uno scherzo. C’era molto in gioco, fin dalla pandemia, e poi dal 24 febbraio del 2022. La cosa principale riguardava la memoria dei posteri, se i posteri verranno, se la memoria ha un futuro: provare a sfuggire alla vergogna. Come giapponesi. Alla fine, hanno un solo privilegio i viventi, i mortali: di riconoscere di che cosa vergognarsi, per chi verrà.