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Piccola Posta
Morto un Papa, se ne fa sempre un altro. Morto un amico, no
Noto il diffuso impegno a certificare il proprio severo giudizio su Bergoglio. Era contro l'eutanasia, ma era per i migranti, diceva la frociaggine ma era fratello dei carcerati. La questione riguarda il nostro tempo e l'amicizia: chi non ha almeno un amico da cui si sente lontano per certe opinioni e convinzioni?
Ho ascoltato la commemorazione del Papa Francesco in Parlamento, la cui nota sentita era la denuncia dell’ipocrisia dei compunti compianti. Guardandomi attorno, mi aveva colpito almeno altrettanto il contrario: un diffuso impegno a certificare il proprio severo giudizio sul Papa defunto. E dunque a elencare meticolosamente gli argomenti sui quali il commentatore, voce pubblica o avventore di social – ah, le scritte sui muri e sui cessi di una volta! – era stato in dissenso dal Papa. Ora è vero che il Papa ha un’autorità e anche un potere, perfino temporale – incommensurabile: comprende la Cappella Sistina e il colonnato di Bernini, le Stanze di Raffaello e il Laocoonte, non dareste un mignolo della Pietà per due trilioni di Mar-a-Lago – e dunque attira l’adesione o l’opposizione di qualsiasi potere. Ma è vero anche che il potere più “politico” del Papa si è ridotto al lumicino, e la sua stessa autorità religiosa è fortemente dimagrita, lasciando il posto a una generale autorevolezza morale.
E allora da dove viene questo accanimento nel fissare le distanze da un proprio prossimo, sia pure dal destino singolare, come il Papa? La questione ha un rilievo notevole perché riguarda il nostro tempo e l’amicizia. L’amicizia infatti sfugge – entro certi limiti – alla piena corrispondenza delle opinioni e delle convinzioni, e degli stessi comportamenti che ne derivano. Chi, non credente, non ha una o un amico, uno o una familiare, che creda o almeno scommetta sulla resurrezione della carne? Chi, convinto della libertà piena della donna di disporre del proprio corpo, non ha amici o amiche che siano contrariate dal ricorso all’aborto? E così via, lungo una scala di questioni che si è andata facendo sempre più stringente, meticolosa, ricattatoria. Chi, sostenitore della resistenza armata dell’Ucraina invasa, non ha amici, familiari, che le si oppongano in nome dell’amore alla pace. Chi, scandalizzato e costernato dalla reazione contro la popolazione di Gaza, non ha amici o amiche cui l’attaccamento allo Stato di Israele fa giustificare l’operato del governo? Chi, angosciato dalla minaccia urgente alla sopravvivenza del pianeta, non ha amiche o amici che, se non la negano, la minimizzano e l’accantonano? In che mondo vivrebbe chi si chiamasse assolutamente fuori da queste differenze? (Cioè: in che mondo viviamo?)
Col Papa, sembra che già sia avvenuto. Era contro l’eutanasia, dunque sono contro di lui. Diceva la frociaggine, imperdonabile. Se uno offende mia madre, un pugno ci sta: un bullo di Palermo Chico. Ma era per i migranti, meravigliosamente. Era fratello dei carcerati, ha lasciato loro il suo – poco – patrimonio personale: esemplare. Era per il soccorso al pianeta: una guida insostituibile. Sì sì, no no: tutti insieme. E poi c’è un altro stereotipo, col Papa: era il Papa, che cosa vuoi che dicesse dell’aborto, del sacerdozio delle donne, dell’eutanasia? Come se fare il Papa lo avesse obbligato a dire quelle cose del sacerdozio delle donne, dell’eutanasia, dell’aborto, e non invece che aver pensato e detto quelle cose fosse stata una condizione per diventare Papa. Uno era venuto su così, e poi si era fatto prete, e poi l’avevano fatto Papa, e dunque ripeteva quelle cose perché le pensava prima. Salva qualche correzione, qualche riflessione nuova – com’è un po’ successo. Chi sono io per giudicare. Invece l’appropriazione secolare della confidenza col Papa anticipa anche la sua elezione in Conclave in un sondaggio popolare: “Romano lo volemo, o almanco italiano”.
A me bastano e avanzano certe parole, integrate da certe azioni (ieri sull’Avvenire un articolo di Nello Scavo era ricco di rivelazioni sull’impegno riservato di Francesco a indagare e combattere la tratta di umani e soccorrerne le vittime, un’Azione parallela benefica, audace e competente) sui migranti, sui carcerati, sui poveri cristi, sui cristi poveri, e anche sul chiacchiericcio, a farmelo sentire amico, anche se su tante di quelle altre cose non andavamo d’accordo. E non che fossero cose minori, non certo per me. Non volevo dire la mia sul Papa, del resto l’ho detta tante volte in tanti anni, ogni volta un po’ diversa. Anche lui del resto diceva tutto e il contrario di tutto. Volevo dire la mia sull’amicizia. Ci sono prove estreme cui l’amicizia non sa e non deve resistere, ce ne sono altre, molte, importanti, cui resiste, e se ne rafforza. L’amicizia non è tiepida, infatti, ma è generosa. Morto un Papa, se ne fa un altro. Morto un amico, no.