Ansa

Il romanzo di Bobo Maroni / 11

La seconda volta al Viminale del leghista antimafia, doroteo e perfino cool

Cristina Giudici e Marianna Rizzini

Al Carroccio ci sono giovani bravi ma manca ancora il successore di Umberto”, dice Silvio Berlusconi, e chissà come l’ha presa il ministro dell’Interno Roberto Maroni, incoronato direttamente “premier” dai leghisti di base, sul prato di Pontida, tre settimane fa

Al Carroccio ci sono giovani bravi ma manca ancora il successore di Umberto”, dice Silvio Berlusconi a Repubblica, e chissà come l’ha presa il ministro dell’Interno Roberto Maroni, incoronato direttamente “premier” dai leghisti di base, sul prato di Pontida, tre settimane fa. La seconda volta di Bobo al Viminale, infatti, proietta Bobo da qualche parte oltre l’oggi (dove ancora non si sa). Il ministro, intanto, intrattiene rapporti trasversali, e qualcuno l’ha sentito recentemente parlare con Luca Cordero di Montezemolo e dirgli qualcosa che suonava più o meno così: se il Pdl si spacca succederà la stessa cosa alla Lega.

Durante la prima tornata all’Interno, nel ’94, Bobo aveva scongelato il solitamente gelido (con la destra) Oscar Luigi Scalfaro, prodigo di lodi per il Maroni antimafia. Stavolta, alla luce del codice antimafia messo in piedi con Angelino Alfano, Bobo può contare sugli applausi di don Ciotti, entusiasta per la redistribuzione dei beni confiscati ai boss. Con Roberto Saviano la storia è più complicata. Lo scrittore aveva tributato lodi al Maroni “miglior ministro di sempre nella lotta alla mafia”. Poi però, in tv con Fabio Fazio, aveva buttato lì una frase poco carina verso la Lega “collusa” con la ’ndrangheta al nord. Bobo si era presentato in studio con un controelenco di cose “che il Viminale ha fatto”. Nemesi ha voluto, comunque, che la cattura del superlatitante Antonio Iovine, uno dei casalesi anti-Saviano, avvenisse proprio pochi giorni dopo l’attacco di Saviano alla Lega. 

E’ arrivato al Viminale bis nel 2008, Bobo, schivo e con l’andatura rigida da “Gioppino”, dice scherzando un esperto di maschere tradizionali. Molto istituzionale (lotta dura alla criminalità) e al tempo stesso molto leghista (tolleranza zero verso i clandestini). E però poi il leghista e l’uomo di istituzioni si sono variamente mescolati e poi travestiti da nuovo Bobo-socialite che a Roma segue le strategie di comunicazione anche mondana della portavoce Isabella Votino (inaugurazioni, feste, fraschetterie, no alle giacche stazzonate, no agli occhiali tristemente metallici, ché quelli rossi hanno segnato il passaggio dal Bobo lento al Bobo rock). E insomma i plenipotenziari donna dell’ufficio di Maroni non si discutono, “basta uscire dalla stanza quando litigano”, dirà lui. Il suo salvagente comunque è stata Sonia Viale, ex capo segreteria tecnica che dirimeva le controversie sull’immigrazione con il Consiglio d’Europa.

Ma qual è il vero Bobo? Quello che prende le impronte ai minori rom e dice “sono io il vero antirazzista” (perché così “li si tutela da chi vuole sfruttarli”)? O quello che, dopo due anni di criticatissimi “respingimenti”, organizza campi profughi per i boat people fuggiti dalla Libia? C’è un Bobo che promuove il potere d’ordinanza ai sindaci sulla sicurezza e un Bobo che dà permessi provvisori ai tunisini (e chisseneimporta se la Francia si fa “girare le balle”, come nella canzone di Paolo Conte sul Bartali vincitore del tour). C’è un Bobo che sottotraccia tesse la sua tela di partito – Flavio Tosi, Attilio Fontana, Matteo Salvini – e un Bobo sornione che si fa corteggiare dalla sinistra e dialoga con il Quirinale. Un Bobo che ha un suo “partito Rai” (Giovanna Bianchi Clerici, Antonio Marano) e nel frattempo a Varese si incontra da carbonaro con gli ex rautiani di Terra Insubre, associazione pro tradizione e identità. Bobo replica serio all’accusa di aver preso consulenze d’oro (“tutto regolare”, ha detto) e infine cazzeggia quando manda sms in latino: “Pax tibi” al posto dei saluti.