La principessa. Storia di Lucrezia Reichlin
Figlia di Alfredo e Luciana Castellina. Ritratto dell'economista diventata riserva repubblicana (Corriere, Rai, Unicredit)
Potrebbe finire come nella "Bella Addormentata", con la principessa che invece di dormire cent'anni vive trent'anni all'estero, non vede nulla, non sente nulla e al ritorno resta chiusa nella turris eburnea. Non finisce così se la donna di cui ora si parla come di una riserva di "competenza", e che delle principesse ha la bellezza altera, si chiama Lucrezia Reichlin (figlia di Alfredo, nome alto dell'ex Pci, e di Luciana Castellina, nome alto dell'area manifesto).
Non finisce così se la principessa, di mestiere, fa l'economista: docente alla London Business School, ex direttore generale alle ricerche della Banca centrale europea, editorialista del Corriere della Sera, opinionista nei talk-show e nome di punta del board Unicredit - ma si era guardato a lei anche per i vertici Rai e si guarda a lei con insistenza, come in una prova generale di nominabilità, per cariche prossime venture.
Lucrezia, che sul Corriere parla di Germania come una che la conosce (ha vissuto per anni nella noiosa ed efficiente Francoforte) e quindi dice, con il tono sereno di chi si esprime con modelli econometrici, che "non ci si può smarcare", ma che anche i tedeschi "hanno ballato", nella vita parla la lingua di un'aristocrazia di fatto, composta dalle grandi famiglie allargate del mondo ex-post- neo comunista (come Bianca Berlinguer e a differenza di altre dame dell'intellighenzia engagée).
E' diventata adulta in altri mondi, tra altra gente, Lucrezia, e però quel sistema familiare, culturale e politico, abbandonato negli anni Settanta con l'urgenza di dover trovare una strada, qualsiasi strada, non ha mai smesso di appartenerle. E quando sua madre, nel 2011, ha pubblicato, rivisitandolo, il suo diario di adolescente catapultata nella vita vera tra il 1943 e il 1947, pare che Lucrezia abbia detto: "Quasi quasi ti scrivo io la prefazione".
Detto e fatto: "La scoperta del mondo", il libro di Luciana Castellina (ed. nottetempo), è preceduto dalle note di Lucrezia: il racconto in prima persona di due percorsi paralleli, il suo e quello della madre, entrambe quattordicenni sulla soglia di due anni che avrebbero cambiato il mondo (il Quarantatré e il Sessantotto), entrambe troppo grandi per non ricordare e troppo piccole per partecipare davvero.
In quella prefazione Luciana, un tempo rimproverata dalla figlia perché "assente" - per l'impegno politico, per i viaggi, per la fame di vita e di esperienze che animava e a volte dominava le intellettuali del Dopoguerra - è semplicemente la persona più importante, quella che con i ricordi del lavoro volontario nei Balcani e le discussioni post strappo del manifesto ispira, per vie traverse, la Lucrezia diciottenne: "E' certo che l'idea che il mondo sia grande e che vada capito e vissuto me l'ha data lei, proprio con i suoi racconti sulla costruzione della ferrovia in Yugoslavia, con l'aver aperto casa nostra a gente che veniva da tutto il globo, con tutte le lingue che lei parla e con quell'ispirazione cosmopolita sviluppata nel movimento comunista del Dopoguerra, ma che in fondo veniva dalla sua famiglia mitteleuropea".
Lucrezia in quelle note spiega la genesi del suo essere "cervello in fuga" dall'Italia degli anni di piombo: "Io non so se ho fatto bene a partire per gli Stati Uniti e non tornare più nel mio paese, per me è stata la risposta al senso di soffocamento che l'Italia mi aveva dato in quegli anni".
E poi di donne forti in famiglia ce n'erano già due, la mamma e la nonna Lisetta Liebman, ebrea triestina, e per tirare fuori la propria, di forza, non si poteva passare per strade già percorse in famiglia. Talmente "principessa" appariva Lucrezia ai giovani rampolli della nomenclatura Pci, che qualcuno considerava lei e suo fratello Pietro, alti e di aspetto regale, l'eccezione che smentiva il vecchio detto, molto popolare e poco progressista: "I figli di genitori separati restano bassi".
Lucrezia, al liceo Tasso, faceva impazzire di sospiri i meno coraggiosi e di rabbia gli incauti che provavano a proporsi: "Era di una bellezza sconvolgente, ma non ci si filava di pezza", dice oggi l'ex ministro Paolo Gentiloni, classe '54 come Lucrezia e proprio per questo, all'epoca, frenato dalla consapevolezza "che le belle ragazze sedicenni non guardano un ragazzo sedicenne".
Si favoleggiava di universitari innamorati che la attendevano all'uscita da scuola, si raccontava del suo impegno, non ossessivo ma costante, nelle iniziative di area manifesto: volantinaggi davanti alle fabbriche, manifestazioni anti guerra del Vietnam già al ginnasio. "Non era spocchiosa", Lucrezia, dice un altro ex compagno di scuola, "ma manteneva un fondo di mistero".
Dopodiché tutti oggi si chiedono com'è successo che Lucrezia, economista all'estero, professoressa che a Bruxelles ha creato "una scuola dottorale d'eccellenza", dice un esperto, e studiato metodi di econometria poi usati dalle banche centrali, a un certo punto abbia fatto la grande rentrée (sebbene ancora abitando a Londra, per la gioia di sua figlia Fushu, la bimba cinese adottata con l'ex marito belga, cresciuta tra quattro lingue e tre paesi - "se cambiamo di nuovo città ti sparo", dice scherzando Fushu alla madre, ora che ha tredici anni).
Un rientro a metà, quello di Lucrezia, con il lavoro principale ancora alla London Business School - ma non un rientro in sordina. Circa tre anni fa, infatti, le si è aperto il mondo Unicredit. Erano giorni di "lottizzazione Italia-Germania", scherza un giornalista economico, e il nome di Lucrezia, nota in Europa (e in Banca d'Italia) per le ricerche targate Bce, diventa per Alessandro Profumo la possibilità di tenere assieme la Germania (esperienza di Reichlin a Francoforte) e l'Italia (Reichlin, in certi ambienti, è un nome storico per via di "Alfredo il partigiano, il comunista che vola alto", come dicevano a Botteghe Oscure).
C'è poi quell'episodio di uscita totale dall'ombra: Lucrezia Reichlin che nel settembre 2010, nel momento più duro dello scontro al vertice Unicredit, vota - unica - contro l'estromissione di Profumo. Da "indipendente", si disse, ché Lucrezia era consigliere per i fondi stranieri. E' la notte dei lunghi coltelli in cui Sabina Ratti, la moglie di Profumo, si mostra alla stampa per dire che lei e il marito sono tranquilli, che non esiste solo Unicredit, che due milioni di euro (di una buonuscita di quaranta) saranno devoluti a favore di don Colmegna.
Lucrezia, fino ad allora lontana dalla ribalta, diventa nei taccuini dei cronisti "la quinta colonna di Profumo in cda" (tantopiù che Profumo, prima che tutti gli altri gli votassero contro, aveva detto di non volersene andare). La collaborazione di Lucrezia Reichlin con il Corriere ha poi fatto il resto, e l'uscita dall'ombra si è compiuta.
Ma in tanti si sono comunque chiesti "chi è costei?", la sera del 17 gennaio 2012, dopo che Lucrezia, cinematografica nel sorriso e severa nell'abbigliamento, è apparsa a "Ballarò" a dire che, "come tutti gli animali", anche gli uomini reagiscono alla legge "del bastone e della carota", e che comunque, in un paese in cui i cittadini non sentono "di avere un destino da condividere", serve una "grande opera trasformatrice dei valori" per non finire come la Grecia ("l'Italia ha un problema di liquidità ma i suoi fondamentali sono più solidi... è difficile capire di che cosa viva la Grecia").
"Lucrezia Reichlin", leggevano i telespettatori in sovraimpressione, e quelli più nostalgici dicevano "ma è la figlia di Luciana e Alfredo!", e davano il via a ricordi di gioventù misti ad ammirazione per la "più bella ragazza della sua generazione, poi rivelatasi una delle più intelligenti e preparate", come dice oggi Gianni Riotta, a suo tempo artefice della collaborazione di Lucrezia Reichlin con il Sole 24 Ore (come il fratello Pietro, docente di Economia e prorettore alla Luiss).
"Lucrezia è stata a capo dell'ufficio studi Bce, ha dato battaglia in Unicredit, è una grande combattente", dice Riotta, che nel suo primo lontano espatrio newyorchese divideva l'appartamento con Pietro, allora studente, nei pressi della Columbia, al confine con Harlem, mentre Lucrezia e Lucia Annunziata, come raccontò la stessa Annunziata in un'intervista a Prima comunicazione, accoglievano gli amici in una casa al Greenwich Village, dove Luciana Castellina approdava di tanto in tanto (facendo la spola tra nord e sud di Manhattan, poteva agevolmente dare un'occhiata alla vita adulta di entrambi i figli).
Lucrezia, Ph.D alla New York University dopo una borsa di studio a Boston, si era ormai abituata alle stranezze americane: ti diamo la borsa di studio ma la sera insegni al corso serale, erano queste le condizioni del suo primo sbarco in Massachusetts, e lei, ragazzina nell'aspetto, a Boston si era ritrovata in classe schiere di volenterosi poliziotti di colore. Poi era stata la volta dell'impiego per l'Onu, primo desideratissimo lavoro vero oltreoceano, ed era finita nell'isola di Santa Lucia, nei Caraibi, a supervisionare il piano di sviluppo, tra panorami meravigliosi e svendite di terra alle grandi catene alberghiere.
In quegli anni, a New York, i giovani esuli italiani vedevano a cena i cosiddetti "genietti" dell'economia Charles Sabel e Michael J. Piore, vincitore di una prestigiosa borsa di studio MacArthur, o l'allora studente Tito Boeri (che oggi dice: "Lucrezia mostrava grande propensione per i lavori empirici più che teorici, ed era già molto stimata. Ci si incontrava, ogni tanto, tra emigrati, e Lucrezia si annoiava quando parlavamo troppo dell'Italia"). Eppure Lucrezia, laureata a Modena, negli anni ha mantenuto i contatti con i suoi maestri, come il professor Marco Lippi, matematico ed economista con cui ha firmato lavori importanti di econometria.
Modena, per una certa sinistra, significava conoscere le idee della scuola di Cambridge, restare "rossi" e diventare "competenti" anche in materie non letterarie. A Modena si forma la Lucrezia futura economista "liberal", per dirla con il suo ex docente Michele Salvati (che oggi dice: "Sottoscrivo molti dei suoi articoli sul Corriere"). A Modena Lucrezia Reichlin va perché vuole vedere il nord, perché le sembra che al nord stia accadendo qualcosa di importante.
E però nei suoi ricordi, scrive nella suddetta prefazione al libro di Luciana Castellina, non c'è "lo stesso ottimismo" che permea i ricordi di sua madre: "Io negli anni Settanta mi sono sentita in trappola e ho avuto la sensazione che bisognasse scappare. In quegli anni ho intuito che fuori dall'Italia del terrorismo, dell'omicidio Moro, fuori da questa conflittualità che scassava la società senza proporre modelli e valori convincenti, ci fosse un mondo più grande che andava scoperto e conquistato".
E' vero che Lucrezia, giramondo precoce, già al ginnasio veniva spedita in Francia in una specie di "scambio vacanza" con il nipote di Jorge Semprún, e che a casa Castellina c'era sempre qualche "fellow traveller" dei paesi in cui, a differenza dell'Italia, "i partiti comunisti non erano stati capaci di reclutare gli intellettuali".
A casa di Luciana - Lucrezia e Pietro presenti - si discuteva "di idee, di politica, di letteratura, di arte, si litigava molto e non c'era distinzione tra impegno e vita privata". Lucrezia ha l'impressione che i genitori si divertano molto, che non siano "bacchettoni" come i comunisti più anziani. E' tutto molto bello, ma forse per la Lucrezia adolescente è anche troppo. Come tutti i figli di genitori molto impegnati e molto carismatici, sviluppa una sotterranea volontà di nascondersi nelle retrovie per osservare meglio.
"Ho preso tutte le decisioni in solitudine", ha detto nelle rare interviste. Il viaggio senza ritorno nasce prima di Modena, ma a Modena diventa realtà per la prima volta. Poi verranno Milano (impiego in un'azienda) e Boston. Non ad Harvard, non al Mit, ma non fa niente. E' il passo decisivo verso la trasformazione in terza donna forte della famiglia, e Lucrezia nella sua testa l'ha già compiuto. Studierà, insegnerà, si innamorerà (di uomini non italiani), si specializzerà nell'econometria scoperta con il professor Lippi, fino a diventare uno dei grandi esperti europei nel ramo.
Dalla ricerca passa (anche) alla vendita di previsioni in tempo reale per i mercati. Con Domenico Giannone, suo ex studente di dottorato all'Università Libera di Bruxelles, oggi principale collaboratore, dà vita a www.now-casting.com, sito di "forecasting", "previsioni del tempo" del mercato, fotografie del presente economico. Intervistata da Valore D, due anni fa, Lucrezia ha detto che la cosa che pensa di saper fare meglio è motivare le persone, dare entusiasmo, e che "l'ambizione non deve essere priva di contenuto".
Ed è forse con quello spirito motivazionista che il dieci aprile del 2012, sul Corriere, in un articolo intitolato "le cose che la crisi ci impedisce di capire", Lucrezia Reichlin si è rivolta direttamente al ministro per la Coesione territoriale: "Coraggio, ministro Barca" (nel pezzo, un'analisi del perché gli investitori "rimangono nervosi", si parlava, tra le altre cose, di grandi banche globali "mal regolate" e integrazione finanziaria mal gestita, si parlava di antichi problemi italiani e "dualismo tra nord e sud che dall'Unità d'Italia a oggi ha continuato ad aggravarsi"). E' stato allora che in molti hanno ricominciato a interrogarsi sul come e sul quando Lucrezia è diventata l'editorialista economica che consiglia il governo Monti: "Ci sarà di mezzo l'ambiente ‘Aspenia' via Marta Dassù?", si sono chiesti alcuni.
"Ci sarà di mezzo la vecchia oligarchia bancaria dei tempi di Profumo?", si sono chiesti altri. Qualcuno, dopo aver ragionato sulle influenze giavazziane e sui contatti ad alto livello con Mario Draghi, notava divertito il paradosso familiare: Alfredo Reichlin che, sull'Unità, sembra avere il pallino (in negativo) del Corriere della Sera, da Luigi Albertini in giù, e Lucrezia che sul Corriere abitualmente scrive, per giunta in prima pagina. Ma quando a Roma dici "Lucrezia Reichlin", alla fine tutti immancabilmente ritirano fuori la storia della bellissima principessa comunista, anche se comunista è la sua famiglia e non lei.
Le sue convinzioni politiche, ha detto, "sono diventate molto diverse" da quelle di sua madre, anche se poi ha capito perché il diario di Luciana Castellina si sia chiuso con la nostalgia per la vita nel Pci anni Cinquanta. Fare cose insieme per fare "parte di qualcosa più grande": questo, secondo Lucrezia, significava essere giovani quando sua madre era giovane. Che poi Luciana Castellina, in tutto quel viaggiare e in tutto quel partecipare, a un certo punto aveva sentito forte il desiderio di maternità (e in un'intervista a Barbara Palombelli, nel 2002, aveva lasciato trasparire tutto il suo orgoglio per la "tribù" fatta di ex amori, amici, figli e nipotini, tutti insieme all'Argentario davanti a tavolate gestite in cucina dal professor Pancho Pardi e da altri intellettuali prestati alla Toscana).
Madre militante, Luciana portava Lucrezia ai comizi fin da piccolissima e, dice chi le conosce entrambe, finivano sempre a qualche festa dell'Unità dove l'attenzione di Lucrezia veniva rapita dalle lotterie che mettevano in palio uno o più porcellini. E se la prima persona a cui Lucrezia telefona, in famiglia, è il fratello Pietro, a Luciana, madre a volte ingombrante, Lucrezia "ha insegnato molte cose" (dice oggi la stessa Luciana).
Per esempio in tema di donne: "Mia figlia mi ha fatto capire che il mio accanimento di dover assomigliare per forza agli uomini era una buffonata, e che il problema era affermare la propria diversità di donna. ‘Mamma, ti rendi conto che non sei mai andata a cena con una donna, ma sempre con uomini?', mi ha detto un giorno Lucrezia. E aveva ragione, non ci avevo mai pensato".
Dal Belgio Lucrezia ha tentato più volte di tornare in Italia a mezzo concorso, non riuscendoci (l'economista melomane Giuseppe Pennisi, che l'ha conosciuta trent'anni fa in America, dice che Lucrezia, "intelligente e preparata", ha una formazione che in Italia "è difficilmente incasellabile in un raggruppamento disciplinare", sospesa com'è "tra finanza e politica economica. Qui o sei l'una o sei l'altra cosa, chi sa di una cosa non sa dell'altra, e naturalmente questo è un male").
Due anni fa, in ogni caso, dice un amico, "Lucrezia ha cominciato ad avere voglia di diversificare le sue attività". Fatto sta che quando compare in video, su La7 o a Rai Tre, Lucrezia Reichlin sembra aver ormai buttato al macero la corazza di "ex bambina assennata" ed ex "studentessa perfetta", definizioni che ricorrono nei ricordi dei suoi amici e familiari. Scherza moderatamente, interrompe Giovanni Floris ("mi faccia continuare"), lancia sorrisi obliqui da Gioconda e subito dopo dice: "Ora ritorno economista".