José io vorrei che tu il Cav., Monti ed io fossimo presi per incantamento
"Gli americani e i sostenitori dell’austerità volevano decidere al posto dell’Italia, sostituirsi al suo governo. Era vero che l’Italia aveva problemi politici e finanziari, ma qui stiamo parlando della sovranità di una nazione. E’ un caso che va studiato”. Ecco che ora parla del fatale 2011, vertice del G20 a Cannes, José Luis Rodríguez Zapatero, allora capo della Spagna (dal 2004). Zapatero non filosofa: “Mi limito a raccontare quello che ho visto”. E aggiunge, con il distacco di uno che si è ritirato dalle cariche pubbliche, ma conserva passione storica e politica: “Vorrei parlarne in una sede pubblica in Italia. Facciamolo presto. Sono pronto”. Ovviamente lo abbiamo invitato, non sarebbe male una discussione sulla sovranità nazionale a cinque, organizzata dal Foglio, con lui, Berlusconi, Napolitano, Monti e Varoufakis.
Già l’ex capo del Tesoro americano, Tim Geithner, aveva scritto qualcosa di impegnativo, nelle sue memorie di ex. Funzionari europei lo inseguivano in quel tempo per i corridoi e gli chiedevano di dare una mano a mettere Monti al posto di Berlusconi, e lui rispondeva che era affare degli italiani, così afferma. Chissà. Ora le parole di Zapatero completano il quadro. Che è fosco, nebbioso. Golpe è parola grossa, siamo nell’epoca dell’interdipendenza politica e istituzionale degli stati europei. Il rapporto tra sovranità e debito riguarda tutti, governi ed elettori, lo abbiamo visto nel caso recente e non concluso della Grecia: ci sono gli elettori greci, ma ci sono anche quelli tedeschi, olandesi, finlandesi. Tuttavia l’Italia doveva, secondo le pressioni denunciate da Zapatero, assoggettarsi a una procedura proconsolare, via Fmi e forse via Troika, ma non era già assoggettata, come la Grecia finanziata dall’esterno da anni. Il suo debito era esplosivo ma sostenibile. I suoi problemi politici, incrementati da assalti giudiziari risoltisi poi in un nulla di fatto (caso Ruby), c’erano (ivi compresa la maggioranza traballante dopo il caso Fini), ma erano gestibili, e sopra tutto avrebbero dovuto essere gestiti in prima persona dagli italiani, ceto politico ed elettorale, eventualmente. E’ quello che sostenemmo su queste colonne quando Berlusconi fu indotto a dimettersi, e la questione era: votare sotto la neve o varare un governo del presidente fuori delle regole della democrazia elettorale?
[**Video_box_2**]Berlusconi scelse, sotto pressione, per la tregua e il rinvio della democrazia dell’autogoverno a una situazione stabilizzata. Il voto dei mercati e dei loro interessati interpreti politici, il ridanciano Sarkozy e l’imbarazzata Frau Merkel, prevalse sull’autogoverno. Tornarci su in modo pacato e intelligente, al massimo livello, in una giornata per inviti e aperta alla stampa, su richiesta di un uomo di stato spagnolo di militanza e tradizione socialista, sarebbe opportuno oltre che legittimo. Sarebbe un colpo di teatro della democrazia italiana ed europea, degno ed estremamente interessante per la storia politica di questi anni tormentati, e gravido di segnali non banali per il nostro futuro.